Un comizio del senatore del Vermont Bernie Sanders, candidato alle primarie del partito democratico in vista delle presidenziali 2020 (foto LaPresse)

Nella casa delle sinistre fa un gran freddo

Paola Peduzzi

Obama dice che troppo a sinistra non si vince. E dove si vince, allora?

Gli americani non la pensano come “certi Twitter di sinistra o come l’ala attivista del nostro partito”, ha detto Barack Obama parlando a un pubblico di sostenitori facoltosi dei democratici, gli americani non pensano che “dobbiamo buttare giù completamente il sistema e rifarlo”, vogliono miglioramenti, messaggi concreti, fattibili, pragmatici, ragionevoli, non tutte quelle cose “folli” di cui sono circondati. L’ex presidente americano è tornato su un argomento che gli è diventato caro, lui che dice che non vuole entrare nel dibattito presidenziale, non vuole schierarsi per quello o quell’altra: i test di purezza non portano a una proposta politica efficace, non fanno nemmeno vincere le elezioni, “anche se portiamo le nostre idee all’estremo e facciamo proposte radicali, non possiamo dimenticarci che ogni cosa deve essere radicata nella realtà”. Non si vince troppo a sinistra, insomma, ha detto Obama, che non ha citato nessuno dei candidati presidenti dei democratici che il 3 febbraio inizieranno a sfidarsi alle primarie, ma loro si sono sentiti chiamati in causa lo stesso, e hanno risposto. E’ partito l’hashtag #TooFarLeft – un ex collaboratore di Hillary Clinton, Peter Daou, dice di averlo inventato – che ha messo insieme tutti quelli che considerano le parole di Obama e dei centristi equiparabili alle invettive di Donald Trump: ci date di socialisti, noi vogliamo soltanto giustizia sociale e meno diseguaglianze. Pochi osano attaccare direttamente Obama, ma molti celebrano orgogliosi il #TooFarLeft, se essere troppo di sinistra significa “considerare la sanità universale un diritto umano” e volere “la cancellazione di tutti i debiti degli studenti”, allora “consideratemi una di voi”, ha scritto su Twitter la deputata democratica Ilhan Omar (che sostiene Bernie Sanders). La sua compagna di “squad”, Alexandria Ocasio-Cortez, ha pubblicato un video che racconta la sua campagna elettorale al fianco del senatore Sanders con un messaggio chiaro: “Voglio essere di nuovo il partito del New Deal. Il partito del Civil Rights Act, quello che ha elettrizzato la nostra nazione e che combatte per tutti i cittadini. Per questo, molti ci chiamano radicali. Ma non stiamo ‘spingendo il partito a sinistra’, stiamo portando il partito a casa”.

 

Tutte le sinistre occidentali si dividono, sbraitano, litigano sulla porta di casa, i riformisti da una parte e i radicali dall’altra: lo vediamo anche qui da noi, dove si rottama la rottamazione, si riconducono tutti gli errori alla stagione riformatrice e si sostiene che il grande sbaglio è stato quello di flirtare con politiche centriste (o di destra), ritrovandosi sempre più soli, e perdenti. In Inghilterra lo scontro è in piena campagna elettorale, il Labour ha rifiutato tutto il suo “New” riformatore e si è lasciato trascinare a sinistrissima da Jeremy Corbyn. In America, la conta deve ancora incominciare ma i centristi sono in affanno – arrivano candidati dell’ultima ora per provare a metterci una pezza – e invece i radicali, Sanders e ancor più Elizabeth Warren, corrono veloci e intanto urlano: venite, stiamo andando a casa. Abbiamo soltanto un colpo a disposizione contro Trump, dicono, e non sarà l’impeachment come non lo è stato il Russiagate, sarà un candidato forte e riconoscibile: non perdiamoci in discussioni filosofiche, non picchiamoci sulla porta, se il vento soffia sulle proposte radicali, prendiamocelo e godiamocelo tutto.

 

Dove va il vento, in realtà, non si sa: nelle recenti elezioni, in Virginia ha vinto la mobilitazione dal basso e nelle periferie, con candidati più a sinistra, ma questo è uno stato democratico da tempo; in Louisiana, il governatore democratico John Bel Edwards è riuscito a tenere il posto da governatore nonostante l’impegno di Trump per il suo candidato repubblicano, ma Edwards è uno che ha studiato a West Point, che è contro il controllo delle armi, che ha firmato una delle leggi di restrizioni dell’aborto tra le più severe del paese e che considera l’impeachment una grande, inutile, controproducente distrazione. Non si sa dove va il vento, e mentre si cerca un inquilino in casa davvero forte, lì sulla porta fa solo un gran freddo.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi