Manuale per la notte elettorale inglese
Il grande protagonista è il voto tattico. Vietato mostrare stupore. Le lacrime poi, mangiatevele
Il voto tattico è il grande protagonista delle elezioni inglesi che si tengono dopodomani. Hugh Grant ha lanciato il suo porta a porta elettorale al grido “voglio suonare il tamburo del voto tattico!”, mentre ai giornalisti che lo seguivano e agli elettori che gli aprivano la porta ripeteva che la sua “fantasia personale” è un Parlamento senza maggioranza, dei Tory s’intende. Ci vuole una certa perversione a fantasticare sul pantano, ma ormai le campagne elettorali sono diventate un manuale di gestione delle aspettative, e il voto tattico è il capitolo più ricco, anche perché, a vedere i sondaggi, un pochino funziona. Il grande vantaggio che i conservatori hanno sempre avuto sembra un po’ evaporare, secondo gli analisti ci vogliono almeno otto/nove punti percentuali di scarto sul Labour per poter ambire a una maggioranza assoluta, e le rilevazioni dicono che è proprio lì che si assesta il principale partito di opposizione. Non resta che aspettare la conta finale, anche perché la storia recente è piena zeppa di errori previsionali e nell’epoca dei dati e degli algoritmi in cui ogni cosa sembra calcolabile e collocabile con precisione, ci sono candidati che riesumano amuleti dai cassetti, hai visto mai che un portafortuna è la soluzione.
Basta lasciare il cuore a casa, e tutto diventa più semplice. L’importante in ogni caso è nascondere bene l’eventuale sorpresa: fa proprio una brutta impressione stupirsi, dà il senso di non averci capito niente (cosa verissima ma indicibile), bisogna coltivare prontezza di spirito, l’avevo detto io che finiva così. La rubrica “The Londoner” dell’Evening Standard ha raccontato che il Labour ha istruito i suoi in modo chiaro: non ci devono essere video, nemmeno frammenti di video, in cui si vede un candidato che si asciuga le lacrime. Piangere è vietato, accada quel che accada. Il consiglio è stato dato durante una normale giornata di formazione su come si fanno le campagne elettorali a livello operativo, e una talpa ha raccontato: “Quando si è sparsa la voce che ci sarebbe stata una nuova strategia per gli ultimi giorni di campagna, non avevo idea che ‘perdi, ma non piangerci sopra’ fosse quello che il Labour aveva in mente”.
Soffrire in silenzio è uno dei grandi classici dei romanzi di formazione, le insegnanti di danza educano le ragazzine fin da piccole con l’insegnamento di vita perfetto (oltre alla postura): sorridete, non si deve vedere la fatica. Ecco, i candidati alle elezioni sono come le ballerine, devono mantenere la forma: non vale piangere ma nemmeno uscirsene come il parlamentare Matthew Perry che perse un’elezione locale ne 1978 per dodici voti e gridò forte: “Fuck”. “Semplicemente mi uscì fuori”, ha detto poi Perry, e subito gli cadde l’occhio su un ragazzo del suo team che sbarrò gli occhi, con lo stupore che oggi è bandito o forse non esiste nemmeno più. Il momento dello choc – che i Tory conoscono altrettanto bene perché nel 2017 furono loro a dover improvvisare una calma che non avevano quando uscirono gli exit poll – viene chiamato dagli inglesi il “Portillo moment”, dove Portillo è l’ex ministro della Difesa che nel 1997 perse il suo seggio. Ma oggi Portillo ci tiene a fare una precisazione: “Sembra sempre che io abbia pianto, ma non è vero, guardate le registrazioni”. A volte le lacrime risultano più carine delle bocche aperte e degli sguardi persi, ma oggi è comunque vietato tutto, stupore e tristezza teneteveli per voi. Magari poi non ce ne sarà nemmeno bisogno, dicono gli ottimisti dalle parti del Labour, che si lamentano della propaganda a favore del voto tattico ma sanno che ci potrebbe essere un ritorno anche per loro. I sondaggi si muovono, Jeremy Corbyn è bravo in campagna elettorale, lo slancio dei terzi, dei Lib-dem, è appannato, se dovesse andare meno peggio del previsto, ci ritroveremo sommersi da analisi su Corbyn in stile “comeback kid”. Ma siamo pronte e siamo ballerine: non ci vedrete piangere.