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Impeachment fallito, ora la resa dei conti con Trump passa per i suoi soldi e per Cyrus Vance Jr
Il Partito repubblicano ha deciso di salvare il suo ultimo presidente un’altra volta, il processo di impeachment è finito e Donald Trump è stato scagionato. Eppure nessun repubblicano appare davvero sollevato, perché la lealtà è un’arma a doppio taglio in una fase come questa in cui il partito non ha ancora deciso se vuole rimanere succube del suo ex presidente o se vuole rifondarsi: bisogna anche capire che cosa riuscirà a fare, questo Gop senza baricentro, visto che Trump non è affidabile né come amico né come nemico. Per questo ora ha acquistato interesse una contesa solitamente poco seguita: le primarie democratiche per l’elezione del procuratore distrettuale di Manhattan che si terranno a giugno.
La prossima tappa del regolamento di conti con Trump si giocherà nei tribunali della sua città e riguarderà le sue proprietà e le attività della Trump Organization. Come disse l’ex avvocato di Trump, Michael Cohen, autore di uno dei tradimenti più spettacolari del trumpismo (un giorno diceva che avrebbe preso un proiettile al posto di Trump pur di difenderlo, il giorno dopo confessava tutte le malefatte del suo ex boss): l’unico modo per incastrare Trump è “follow the money”.
A quest’attività si dedica l’attuale procuratore distrettuale, Cyrus Vance Jr, figlio di Vance Sr che fu segretario di stato nell’Amministrazione Carter e che ancora non ha detto se vuole ricandidarsi per il suo quarto mandato.
L’indagine di Vance è iniziata nel 2018 proprio dopo la testimonianza di Cohen sui pagamenti fatti ad almeno due donne perché mantenessero il segreto sulle loro relazioni con Trump (non l’hanno mantenuto, il segreto). L’indagine si è poi allargata alle attività bancarie e assicurative della Trump Organization: in particolare il valore sovrastimato dato ad alcune proprietà per ottenere dei prestiti, poi ridimensionato per pagare meno tasse (secondo Cohen questa era una pratica di routine per l’organizzazione). L’ufficio di Vance avrebbe ulteriormente allargato l’indagine ad altre proprietà, mentre ancora aspetta di poter visionare tutti i documenti fiscali che Trump finora ha trattenuto, nonostante la Corte suprema abbia stabilito che debbano essere pubblici.
Il futuro di Trump e della sua famiglia dipende molto da quello che farà Vance, ma quel che molti cominciano a sussurrare è: all’ex presidente converrebbe che Vance si ricandidasse, perché i suoi sostituti (ora la rosa è molto ampia, sono almeno nove i candidati) sono molto più voraci dell’attuale procuratore. Al momento pare che le finanze di Vance per la campagna siano molto esigue e questo è considerato l’indicatore più credibile della non candidatura. Per i più voraci poi Vance è un uomo troppo cauto, troppo impermeabile alle pressioni mediatiche: fu lui a far cadere le accuse all’ex direttore del Fmi Dominique Strauss-Kahn dopo i noti fatti con la cameriera del Sofitel; fu lui a chiedere una riduzione della pena a Jeffrey Epstein, arrestato per abusi sessuali poi suicida in carcere; fu lui a non voler dare seguito per molto tempo alle accuse che molte donne depositavano contro Harvey Weinstein (poi condannato); fu lui soprattutto a far cadere accuse di frode a carico di Donald Jr e Ivanka Trump nel 2012, dopo un incontro e un assegno alla sua campagna elettorale da parte del loro avvocato (i 20 mila dollari furono restituiti). Questo approccio tecnico e non politico rende Vance allo stesso tempo credibile e sfuggente. Per questo molti democratici sperano che non si ricandidi. O che Vance decida di passare l’indagine al distretto sud, quello più agguerrito di tutta la città, fonte di ispirazione del procuratore Chuck Rhoades, Paul Giamatti in “Billions”.