Cosmopolitics

La campagna elettorale di Andrew Yang è un'indignazione continua

A giugno ci saranno le primarie democratiche per l'elezione del sindaco di New York. Yang è avanti nei sondaggi ma si stanno formando delle coalizioni contro di lui

Paola Peduzzi

per molti questo primato, che va avanti da gennaio, sembra incredibile, perché Yang è uno che ammonticchia polemiche e arrabbiature ogni volta che apre bocca – essendo primarie democratiche, i suoi detrattori sono per lo più i liberal

Quando le primarie per l’elezione del sindaco di New York saranno finite e sapremo i risultati e saremo pieni del senno del poi, avremo definizioni perfette e calzanti di Andrew Yang. Oggi però la sua sembra la campagna elettorale più pazza del mondo. Quarantasei anni, imprenditore, filantropo, scrittore, commentatore e politico, figlio di immigrati taiwanesi che hanno inventato brevetti e introdotto modelli statistici innovativi (si incontrarono a Berkeley), Andrew Yang guida i sondaggi in vista delle primarie del 22 giugno. E per molti questo primato, che va avanti da gennaio, sembra incredibile, perché Yang è uno che ammonticchia polemiche e arrabbiature ogni volta che apre bocca – essendo primarie democratiche, i suoi detrattori sono per lo più i liberal.

 

L’ultima polemica risale a qualche giorno fa, quando Yang ha partecipato a un incontro con  uno dei club più importanti della comunità Lgbtq di New York. Cercava un endorsement e quindi ha detto, in sintesi, di avere molti amici gay, molti collaboratori gay, di amare i bar per gay e che New York è una città bellissima perché ci sono i gay che votano pure per il Partito democratico. Due partecipanti a questo incontro (online), indignati, hanno iniziato a far circolare alcuni estratti della conversazione, dicendo che si sono sentiti “stigmatizzati” e che per conquistare il loro voto Yang avrebbe dovuto  essere ben più “sofisticato” di così. Anche con le donne le cose non vanno bene: una sua ex collaboratrice dice che quando lavorava con lui l’aveva discriminata in quanto donna. Circola tantissimo una frase che Yang ha scritto nella sua biografia, in cui dice di aver dato un nome ai suoi pettorali (Lex and Rex), cosa che alimenta quella che i suoi detrattori chiamano la sua “bro culture”, cioè una specie di machismo.

 

Ma non è soltanto una questione di gender: un gruppo di 400 asiatici americani ha fondato il gruppo “Asian and Pacific Islander New Yorkers Against Andrew Yang” dicendo che non basta essere di origini asiatiche per rappresentare la comunità.  Intanto i suoi avversari, vista questa rivolta delle minoranze contro Yang, si stanno organizzando: c’è chi fa la lega degli ispanici, chi quella degli afroamericani e così via. Come collante c’è il fatto che Yang è considerato “pro polizia”, cosa che lo rende ancora più inviso alla base più radicale dell’elettorato.

 

Al momento i sondaggi continuano a premiare Yang, che avrebbe il 22 per cento dei consensi, contro il 13 del suo primo inseguitore, Eric Adams (l’autore dell’alleanza degli ispanici) e l’11 di Scott Stringer (al quale è andato l’endorsement della comunità lgbtq). Forse perché una delle politiche più applaudite di Yang è una filiazione di un’idea che lui aveva lanciato quando è stato brevemente candidato alle primarie per le presidenziali: il “dividendo per la libertà”, cioè un salario minimo al mese di mille dollari. Ora Yang non ripete più quello stesso slogan ma vuole dare un salario minimo “di libertà” per almeno 500 mila newyorchesi e vuole creare una Banca del Popolo di New York City. E’ questo il suo antidoto all’indignazione, chissà se regge, ma intanto è così che Yang è diventato “l’happy warrior” della campagna elettorale più pazza del mondo.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi