Cosmopolitics
Laschet non è lagnoso: sa che la cancelleria non è un bene ereditabile
In Germania si apre l'ultima fase elettorale e Merkel sta facendo una campagna quieta per aiutare il suo delfino. Il quale sa che se è la mamma a dire che il figlio è bravo, non vale granché
Negli ultimi quindici giorni, la cancelliera tedesca Angela Merkel è intervenuta nella campagna elettorale a sostegno del suo successore designato, Armin Laschet. Si vota tra 19 giorni, il 26 settembre, e i sondaggi segnano con costanza da qualche tempo la rimonta dell’Spd e del suo candidato, il ministro delle Finanze della grande coalizione Olaf Scholz. La Cdu della Merkel era già in calo da tempo ma il suo patrimonio è stato ulteriormente sperperato da Laschet e così la cancelliera ha deciso di intervenire: quieta, com’è la sua natura.
Il 21 agosto, a un incontro della Cdu con la Csu, la cugina bavarese che compone l’Unione che si presenta alle elezioni, Merkel aveva detto di essere “profondamente convinta” della vittoria di Laschet: lui sa “costruire ponti tra le persone”. Dieci giorni dopo, a una conferenza stampa con il cancelliere austriaco Sebastian Kurz in visita a Berlino, la Merkel ha attaccato Scholz, cercando di prendere le distanze da lui: in questa campagna elettorale in cui si cerca oltre che un cancelliere un erede del post Merkel, Scholz sembra sempre più quello adatto a questo ruolo. E quindi colei che lascia l’eredità ha dovuto precisare: no, non è Scholz l’erede, soprattutto se vuole fare, come dice, un’alleanza con la Linke, la sinistra più radicale. Come a dire: comunque vada, il mio erede sta seduto nel centro. Infine, nello scorso fine settimana, la Merkel è tornata nelle zone alluvionate: prima è stata nella Renania-Palatinato assieme alla governatrice Malu Dreyer, poi è andata nel Nord Reno-Vestfalia, che è la regione guidata da Laschet. Qui ha detto: “Quando si guida un Land come questo, si può anche guidare la Repubblica federale tedesca facendo il cancelliere”.
Molti nella Cdu sono furiosi perché Laschet si è rivelato molto più fragile del previsto e perché la Merkel non si è spesa abbastanza per lui e per il partito. Quando finiscono stagioni politiche così lunghe, succede sempre: Obama non aveva aiutato a sufficienza Hillary? E’ anche per questo che Hillary aveva perso? Risposte concrete non ci sono – c’è di certo il fatto che se la mamma dice che suo figlio è bravissimo non è che cambi granché – ma una posizione l’ha presa lo stesso Laschet, che invece di lamentarsi dello scarso appoggio ha detto: “La cancelleria non si eredita. Bisogna battersi. Mi immagino che cosa potrebbero dire gli elettori se Angela Merkel fosse tutto il tempo a ripetere: ‘Aiutatelo! Sostenetelo!’. Stiamo parlando del ruolo più importante d’Europa. Questo implica che chi lo vuole occupare debba battersi da solo e non che conti soltanto sul sostegno di chi lo ha preceduto”.
Questa consapevolezza responsabile è degna di nota, ma con tutta probabilità non è stata nemmeno vista perché l’unica cosa che colpisce e ferisce è il 25 per cento dei consensi accreditato all’Spd, contro il 20 della Cdu/Csu (il sondaggio è della Bild am Sonntag, che domenica ha anche pubblicato una pagina bianca con un titolo nero grosso che dice: “Ecco la sua pagina, signora Baerbock”. La candidata dei Verdi, Annalena Baerbock, non ha trovato il tempo, dice, per concedere un’intervista al potente tabloid domenicale del gruppo Springer). Quest’ultima parte della campagna sarà molto più feroce: ora i conservatori utilizzano slogan che abbiamo imparato a conoscere anche altrove, cioè che Scholz, un moderato, è una “foglia di fico” (lo ha detto il ministro della Sanità, Jens Spahn) per la sinistra radicale con cui l’Spd potrebbe formare una coalizione di governo. Lo spettro socialista, insomma, assieme a un altro grande classico delle strategie difensive: Scholz è soprannominato “Scholzomat”, per il suo fare robotico.