Cosmopolitics
Come va a finire la visita di Pelosi a Taiwan
Tutti a controllare i cieli, i mari e l’ira cinese per capire se la speaker della Camera americana sta davvero andando a Taipei
L’Esercito popolare di liberazione ha passato il giorno del suo novantacinquesimo compleanno, il 1 agosto, controllando i cieli: le forze armate di Pechino, che da giorni celebrano la loro fondazione e che in questi giorni faranno esercitazioni dimostrative preparate in ogni dettaglio, vogliono capire se Nancy Pelosi, speaker della Camera americana, sta davvero andando a Taiwan. Fonti americane dicono di sì: la Pelosi è in arrivo, è quasi certo, i dubbi sono sul suo eventuale pernottamento a Taipei. Il ministero degli Esteri cinese ha già detto: se davvero la funzionaria americana decide di fare tappa a Taiwan, “non staremo a guardare”, le conseguenze saranno “enormi”.
Tutti noi stiamo controllando i cieli: ci sono siti che monitorano quanti accessi ci sono ai siti che tracciano i voli civili e militari (moltissimi), anche se poi ha avuto la meglio il meme con una strega sulla scopa che sorvola i grattacieli di Taipei.
La Pelosi è in arrivo e i cinesi sono su tutte le furie: è la visita più importante fatta da un funzionario americano di questo grado da 25 anni e Pechino ha fatto capire in ogni modo che si tratta di una provocazione. La Cina non riconosce l’indipendenza di Taiwan né ha mai accettato le aperture diplomatiche e commerciali dell’America e dell’Europa al governo dell’isola, anzi ha fatto molte rappresaglie, come possono raccontare con precisione i politici e gli imprenditori della Lituania, il cui governo ha dato una sede diplomatica a Taiwan. Pechino non transige, non lo ha mai fatto, e anzi nel fine settimana, all’interno della festa per il suo esercito, ha mostrato che la sua non è un’intransigenza soltanto retorica: navi e aerei sono pronti, non staranno a guardare.
L’Amministrazione di Joe Biden negli ultimi mesi ha levato molte ambiguità sulla sua volontà di proteggere Taiwan da ogni mira di riconquista di Pechino: siamo disposti a difenderla anche militarmente, ha detto Biden. La guerra di Vladimir Putin in Ucraina ha modificato toni e tolleranza americani nei confronti dell’espansionismo dei regimi, pure se chiunque a Washington è disposto un po’ a tutto per evitare un conflitto con la Cina in quest’estate di stravolgimento globale. Allora perché la Pelosi proprio adesso va a Taiwan?
Vista da fuori questa missione sembra soltanto un guaio: l’arrivo della speaker aumenta la tensione e fa dire ai realisti (oltre che ai cinesi) che si tratta di una provocazione che l’America poteva benissimo evitarsi, ancor più visto che l’intelligence americana ha alzato l’allerta nei confronti della Cina e dice che la pianificazione di una invasione di Taiwan è già molto avanti; se però la Pelosi dovesse fare un passo indietro, la non-visita sarebbe il sintomo di una sottomissione pericolosa alle minacce cinesi. Ma non sappiamo che cosa si sono detti Biden e il presidente cinese Xi Jinping durante la loro conversazione di un paio d’ore giovedì scorso e forse tra le pieghe di quella videoconferenza c’è la via d’uscita da questo dilemma provocazione-sottomissione. O almeno è ciò che tutti si augurano, mentre controllano i cieli.