Cosmopolitics

Cosa resterà degli anni Ottanta nella leadership di Liz Truss

Paola Peduzzi

È durissima con la Russia e disposta a definire la Cina "una minaccia", quindi molti dicono che la sua guida sarà falca e occidentalissima. Ma ogni volta che prende la parola i suoi stessi collaboratori un po' tremano

I conservatori inglesi si sono affezionati all’idea che Liz Truss sarà la loro nuova leader e quindi il nuovo primo ministro del Regno: l’esito della votazione per sostituire Boris Johnson sarà noto il 5 settembre, ma tutti danno per certa la vittoria dell’attuale ministro degli Esteri. Che è uno dei leader più espliciti che ci siano in circolazione, anche se questo suo parlare tanto e diretto suona talvolta inutilmente brusco. Truss, 47 anni, ambizione thatcheriana, due figlie adolescenti che organizzano la sua comunicazione digitale (la più piccola, che si chiama Liberty e ha 13 anni, dà anche “consigli politici”), ha detto con candore di essere pronta a schiacciare il bottone nucleare se dovesse servire (“fa parte dei miei compiti”), non è stata capace di dire se la Francia di Emmanuel Macron è amica o nemica (“è ancora tutto da vedere”: la Truss era a un evento pubblico e si è presa un applauso forte, questo per dire com’è il conservatorismo britannico dopo anni a ripetere che se la Brexit non funziona è per colpa dei francesi), ha detto al suo collega americano Antony Blinken che non capisce che cosa ci sia oggi di così speciale nella relazione tra Londra e Washington, con il Canada, il Giappone e il Messico andiamo molto più d’accordo (è un’indiscrezione citata da Felicia Schwartz sul Financial Times, una sua fonte dice che l’atteggiamento era: “Che cosa avete fatto per me da ultimo?”).

 

Poi la Truss è durissima con la Russia, inflessibile nella difesa dell’Ucraina, disposta a definire ufficialmente la Cina “una minaccia” e quindi molti dicono che la sua guida sarà giustamente falca e occidentalissima, tutto il resto è contorno. Ma ogni volta che la Truss prende la parola i suoi stessi collaboratori un po’ tremano, perché sanno che lei pensa che la diplomazia sia “noiosa” e che per farsi ascoltare bisogna prima di tutto spararla grossa. Questo è il suo tempo, insomma, e pazienza se il suo Boris Johnson (è una sua alleata, i johnsoniani fanno il tifo per lei anche se sono in molti a credere che lo facciano perché così l’attuale premier può tenere un piede a Downing Street, e se decide di rimetterne due lei è l’ostacolo meno ostacolo che ci sia) è stato cacciato proprio per la sua intemperanza, perché gli stessi Tory andavano cercando un leader più mite, più rigoroso, più credibile. Truss vuole essere una leader radicale tagliando le tasse quando i conti sono in disordine e l’inflazione è alle stelle e un falco ben riconoscibile nello scenario internazionale, perché le dittature non abbiano mai a pensare che lei, il Regno Unito e l’occidente siano fragili.

 

Come ogni conservatore inglese di questa stagione (ma anche di molte scorse) il problema sono gli alleati più che i nemici: l’Europa in particolare, l’ex moglie con cui non si trova un equilibrio duraturo e con cui si vive di minacce e di patti stracciati. Truss ha cuore, testa e gambe negli anni Ottanta, una Thatcher senza Reagan, postura da Guerra fredda, canzone preferita  “I Wanna Dance With Somebody”, voglia di ballare. C’è il video di una festa al gay village della conferenza dei conservatori dell’anno scorso che fa furore, altro che scandalo, altro che test anti droga – keep dancing, come si dice. 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi