A lezione di danza
L’autore dello studio caro a Colao individua quattro elementi e un modello per creare il format della fase due
Un mese fa abbiamo scritto che era necessario agire in fretta contro il coronavirus e abbiamo chiesto ai vari paesi di guadagnare tempo prezioso con la strategia del “martello e della danza” (in Italia vi ha fatto riferimento il capo della task force per la ripartenza, Vittorio Colao, ndt). Da allora il numero di contagiati è passato da 125 mila a 2,5 milioni, venti volte tanto. Miliardi di persone sono sotto al “martello”, cioè misure severe di distanziamento sociale per contenere il virus. “Il martello” ha permesso sia di ridurre il ritmo del contagio sia di pensare a che cosa fare nella prossima fase, quella della “danza”, in cui si allenteranno alcune misure in modo molto attento per evitare una seconda ondata. Ma “il martello” è durissimo: milioni di persone hanno perso lavoro, reddito, risparmi, libertà. Il mondo vuole risposte: quando finisce? Quando si allentano le misure e si torna a un “new normal”? Di cosa avremo bisogno? Come sarà la nostra vita? Quand’è, insomma, che inizia la danza?
Per trovare qualche risposta bisogna ripartire dall’osservazione di quel che accade nel mondo, per capire che soluzioni sono state trovate, a che costo, e come adattarle ai diversi contesti. I governi avranno un ruolo decisivo: molti non hanno ancora fatto quel che è necessario; molti hanno fretta di tornare alla normalità, e corrono senza essere pronti; molti dovranno affrontare un secondo picco. Ma se facciamo le cose per bene, il “new normal” è possibile. Per arrivare a definire questa danza, io e il mio team abbiamo scritto quasi un libro: pubblicheremo un capitolo al giorno (si trova sull’account Medium dell’autore, con i nomi di tutti gli esperti che hanno collaborato, ndt). Inevitabilmente, si parte con i corsi di danza.
Circa il 60 per cento della popolazione mondiale è sotto al “martello”: come può pensare al futuro? Con la macchina del tempo, e il futuro si chiama Taiwan, Hong Kong, Cina e Corea del sud. Osservando i loro percorsi, ogni stato potrà poi scegliere la coreografia migliore. In Cina, come si sa, le misure sono state più restrittive che nel resto del mondo. Ora le persone girano con la mascherina, ci sono posti di blocco per misurare la temperatura, ognuno ha un “codice sanitario” assegnato dallo stato (se sei verde puoi andare dappertutto, se sei giallo o rosso no), il quale controlla tutte le app. I viaggi sono quasi esclusi, le scuole sono chiuse. Poi c’è Taiwan, che è al 104esimo posto nella classifica mondiale dei contagi e non ha mai dovuto chiudere tutte le imprese e le scuole. Ogni giorno i cittadini contagiati ricevevano 2/3 telefonate dalle autorità per sapere lo stato di salute, poi lo stato ha: prodotto mascherine (costo: 0,50 dollari), messo una multa da 100 mila dollari per le false notizie, fatto test su gran parte della popolazione. Tutto questo è accaduto prima che Wuhan chiudesse!
Che lezioni possiamo trarne? La prima è l’esperienza (della Sars), che non è ripetibile. La seconda è la rapidità e la flessibilità: aggiornamento costante e puntuale delle misure adottate. La terza è la connessione tra i dati sanitari e quelli di movimento con segnalazione alle autorità dei casi positivi. Nemmeno la Corea del sud ha usato misure restrittive totali ma ha sviluppato l’operazione di test più intensiva del mondo. Anche questo è avvenuto grazie all’esperienza precedente e grazie a un sistema di tracciamento molto potente e già attivo. Attenzione però: c’è Singapore, che ha adottato un mix di Taiwan e di Corea del sud, ma con tre errori significativi. Il primo: i divieti di viaggio troppo graduali, e questo ci aiuterà a capire a che punto della danza è possibile togliere tali divieti. Secondo: il sistema di tracciamento a Singapore era manuale e quando è stato potenziato – con una app – non aveva penetrazione: se il tracciamento non lo fanno tutti, non funziona. Infine: fino al 3 aprile, soltanto gli ammalati dovevano utilizzare le mascherine: ora è obbligatoria per tutti.
Quindi, ci sono quattro passi di danza di cui ogni governo deve avere contezza, e di questo parleremo in futuro: misure molto economiche che possono essere sufficienti a fermare la pandemia; misure costose che potrebbero essere necessarie comunque; misure costose che non sono necessarie; misure sanitarie.
*Vicepresidente della piattaforma di istruzione online CourseHero. Guida un team di ricercatori che fa analisi comparate dei modelli adottati nel mondo contro la pandemia. Questo testo introduce il suo ultimo paper, “Learning How To Dance”, pubblicato su Medium un capitolo al giorno