Chissà se è vero, tutto in giustizia è presunto, anche la veridicità di una confessione, certo che l’invidia, “li ho uccisi perché erano troppo felici”, è un movente forsennato e sadico per quanto ancestrale, biblico, eterno nella sua sottigliezza e violenza. Se vero, non sappiamo come si intrecci, il sentimento all’origine del duplice omicidio di Lecce, con la cosiddetta vita quotidiana, con un subaffitto d’agosto, con la frequentazione dell’amore altrui, con il posto all’Inps e la carriera dell’arbitraggio, con la serie A che si profila d’incontro, nome troppo specifico per una vita che è sempre e solo quotidiana, nonostante tutto.
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