il foglio mobilità
Novant'anni nel nome del nonno. Il futuro secondo Pininfarina
“La Modulo compie mezzo secolo, oggi è diventata anche un francobollo ed è una vettura avveniristica. Ancora adesso è qualcosa di inespresso. L’auto non sarà più la stessa, sì, ma noi vogliamo far parte di questa rivoluzione”
Celebrare 90 anni di una storia come quella di Pininfarina con un francobollo e un libro può quasi apparire una contraddizione. Ma come? Se c’è un’azienda spinta costantemente verso l’innovazione, un gruppo (oggi con 700 dipendenti e sedi in Italia, con la galleria del vento a Grugliasco, Cina, Germania e Stati Uniti) che vive proiettato nel futuro come nessun altro… utilizzare strumenti quasi vintage per marchiare indelebilmente un’eccellenza dell’industria italiana è quantomeno curioso.
“E’ vero, il francobollo rappresenta l’ennesima contraddizione camaleontica della nostra azienda – ci dice il suo Presidente, Paolo Pininfarina - . Lo considero un tributo alla nostra storia, una storia fatta di design, di innovazione e di futuro. E’ una diavoleria che per altro immortala una dei pezzi più iconici della nostra storia”.
Eh sì, perché sul francobollo emesso dal Ministero dello Sviluppo Economico e appartenente alla serie tematica “Le Eccellenze del sistema produttivo ed economico” celebrativo dei 90 di Pininfarina l’immagine è quella della celeberrima “Modulo”.
”Esatto, la Modulo festeggia 50 anni e posso dire che rimane una autovettura avveniristica. E’ un oggetto che probabilmente è nato 100 anni avanti, ancora oggi è qualcosa di inespresso. Non sappiamo nemmeno se si tratti di un’astronave che atterra verticalmente oppure un’automobile che si muove rapidamente in via orizzontale”.
E’ una vettura che vi rappresenta molto.
“Aveva un tasso di innovazione esagerato. Un notevole tasso di scollegamento di funzionalità dalla realtà. Una creatura inusuale per Pininfarina, che è sempre stato un designer che vestiva la funzione. Il suo progetto è rimasto nei cassetti per tanto tempo, poi ci siamo detti: “Andiamo a Ginevra al Salone dell’Auto a presentarla”. E abbiamo vinto tantissimi premi, è diventata un’icona del design italiano”.
Dalla Modulo, che forse comprenderemo fino in fondo quando Pininfarina (come azienda) avrà superato il secolo di vita, al futuro più vicino a noi. Se le chiedessi una vettura alla quale è particolarmente affezionato andrebbe a pescare nel libro dei ricordi oppure no?
“Le rispondo con le parole che utilizzerebbe mio padre, Sergio. Sono molto più legato alla prossima vettura e allora le dico che spero di scendere in pista, o in strada, presto con la nuova “Battista”. Pensi che era tutto pronto quattro o cinque giorni prima del lockdown. Non abbiamo potuto presentarla a Ginevra, è stato un parto molto sofferto. Immagini la difficoltà dei progettisti nel lavorare a distanza in tre Stati diversi (Italia, Germania e Croazia)”.
Battista è il nome dell’uomo che nel 1930 ha fondato la “Società anonima Carrozzeria Pinin Farina. Si chiamava Farina di cognome e “Pinin” era il suo soprannome. La Battista è una hypercar elettrica prodotta in soli 150 esemplari. Cinque di questi vengono griffati “Anniversario” e rappresentano un lusso per il quale è necessario strisciare una carta di credito che possa reggere 2,6 milioni di euro. 1900 cavalli di potenza, 2300 Newton per metro di coppia massima, una velocità di 350km/h che mette i brividi anche per la cura del dettaglio che ne fa un prodotto sartoriale. Qualcosa, il cosiddetto “TaylorMade”, che appartiene da sempre a Pininfarina.
“E’ un po’ un ritorno alle origini –dice Paolo Pininfarina -. Siamo partiti dalle piccole serie, le serie limitate. Dalle fuoriserie di gran lusso ai pezzi unici degli anni ’30. Qualche giorno fa ad uno stand ho visto una Alfa Romeo del 1934 2500 Pininfarina prodotta in 300 esemplari. Erano tutte uguali ma in realtà ognuna era diversa dalle altre. Era già il nostro dna, sia la lavorazione del metallo, del legno, della pelle. L’operazione Battista è in questo solco”.
Anche quella con Vinfast?
“Anche, esatto. L’operazione “President” che abbiamo fatto insieme a questo costruttore emergente vietnamita va in questa direzione. Pininfarina li supporta a tutto tondo per lo sviluppo del loro marchio. Per loro abbiamo disegnato anche gli stand, i concessionari, gli show room. Un design a 360 gradi”. Presidente, pare di capire che l’automotive abbia riguadagnato spazio nel suo cuore…”Fino a 12 anni fa ero vicepresidente e responsabile del “non automotive”. Facevamo di tutto, dalle macchine del caffè agli aerei e le navi. Era un’azienda nell’azienda – dice Paolo Pininfarina -. Mio padre un giorno profetizzò che il non-automotive sarebbe stato più importante. Mio nonno era un visionario, mio padre un profeta, un attento osservatore. Oggi però devo dirle che il mio cuore batte un po’ di più per l’automotive. Noi dobbiamo sempre essere la Pininfarina dell’automobile.”.
E’ un riavvicinamento che magari ha a che fare anche con il libro celebrativo per i 90 anni (Pininfarina 90 ann, Giorgioa Nada Editore).
“Mi sono rinnamorato dell’automobile, scrivendolo. Ho scritto i testi dei profili delle 134 vetture dal ’91 al 2020. E’ stato utilissimo ripercorrere 30 di vita in azienda. Sono diventato una piccola enciclopedia. Da adesso per ogni nuova vettura che esce metterò da parte la scheda e mi preparerò per il libro del Centenario”.
Un decennio, il prossimo, che non sarà come i precedenti. “L’automobile come l’abbiamo pensata, realizzata e marchiata Pininfarina per 90 anni non sarà più così. Oggi l’auto è connessa, condivisa, elettrificata, autonoma. Noi siamo dentro questa rivoluzione, siamo consapevoli che siamo di fronte ad un decennio diverso. L’azienda si è molto evoluta nell’architettura, nell’interior-design, nella nautica e aeronautica. Abbiamo fatto passi da gigante e ci sono nuove opportunità dappertutto. Ma io sono molto intrigato dal mercato dell’auto e voglio restare sulla cresta dell’onda nell’automotive”.
Se tornassimo al non-automotive so che c’è un progetto al quale lei è particolarmente legato.
“E’ la torre Cyrela di San Paolo del Brasile –risponde emozionandosi- . Io mi chiamo Paolo e la città si chiama San Paolo. Ma soprattutto il progetto è nato da una storia incredibile, con mio nonno che un giorno, era il 1963, ebbe una visione durante un suo viaggio intorno al mondo. Vide alcune torri a San Paolo e, dopo averle fotografate, dedicò loro alcune pagine del suo libro. Non quelle di New York, fotografò quelle di San Paolo. E 50 anni dopo mi fu chiesto di disegnare una torre proprio lì. Di esprimere il linguaggio architettonico e di design di Pininfarina proprio nella città che aveva catturato la visione di mio nonno. Era davvero destino che la prima torre firmata da noi dovesse nascere proprio lì”.