I mercati alla prova delle elezioni americane
Il 2021 è atteso come un anno di espansione economica e fiscale, l’inizio di una nuova fase del ciclo economico: perché la prospettiva si realizzi e però necessario che i governi siano all’altezza dell’aspettativa. Capire dove andrà l'America sarà essenziale
A poche settimane dalla data del voto, le elezioni Usa stanno reclamando sempre più l’attenzione degli operatori di mercato e degli investitori. Le sfide per la Casa Bianca sono da sempre un fattore rilevante nel determinare l’andamento dei titoli finanziari. Nel 2016, la vittoria di Trump, temuta da molti come il catalizzatore di una crisi sistemica, fu in grado di accendere un rally azionario che animò i listini per circa due anni (anche grazie al taglio delle tasse sugli utili aziendali).
Quest’anno il contesto socio-economico delle elezioni rende l'evento meritevole di un'attenzione speciale. Il 2021 è atteso come un anno di espansione economica e fiscale, l’inizio di una nuova fase del ciclo economico: perché la prospettiva si realizzi e però necessario che i governi siano all’altezza dell’aspettativa che hanno suscitato nei cittadini, nelle imprese e nei mercati ovvero risollevare l’economia in difficoltà. Capire in che direzione prenderà la politica degli Stati Uniti e quali policy Washington metterà in atto della ripresa è dunque di fondamentale importanza per tutti coloro che hanno degli investimenti attivi.
Qual è lo scenario più probabile? Riavvolgendo il nastro di 8 mesi, Donald Trump sembrava avviato verso una facile vittoria. Il Presidente navigava con il vento in poppa di oltre dieci anni di crescita economica e nel dopoguerra nessun candidato ha mai fallito una rielezione a meno che non ci sia stata una crisi economica di mezzo. Adesso Biden guida i sondaggi e, considerando che la partita non è ancora chiusa, i mercati hanno cominciato a prezzare un ritorno dei democratici alla Casa Bianca.
Come potrebbero reagire i mercati in un tale scenario? La narrazione dominante vuole che i mercati tendano a tifare i repubblicani, per il loro approccio più favorevole verso le imprese quotate e per il tocco leggero sulle tasse. In realtà non esiste prova di una miglior performance azionaria durante le amministrazioni repubblicane. Per quanto riguarda le elezioni del 2020 le tasse sulle aziende sono nuovamente al centro delle preoccupazioni degli investitori, con la riforma di Biden che si propone di alzare l’imposizione sugli utili già abbassata da Trump. Per come è stata strutturata in campagna elettorale, con una stretta per quanto riguarda i profitti dichiarati all’estero, la riforma, secondo gli analisti di Bank of America ridurrebbe i profitti delle aziende dell’S&P500 di una cifra compresa tra l’8% e il 10%, colpendo in modo più che proporzionale settori come quello tecnologico, che oggi trainano la performance dei mercati.
Perché la riforma passi nei termini in cui è stata proposta, sarebbe probabilmente necessaria una vittoria dei democratici sia al Senato, sia alla Casa Bianca: prospettiva che potrebbe condizionare i mercati negativamente almeno nelle settimane successive al voto.
Detto questo, la relazione tra tasse e performance dei mercati è tutt’altro che lineare. Maggiori tasse sulle imprese tendono a ridurre la profittabilità dei titoli; ma la storia ci insegna che nella maggior parte dei casi ciò che viene perso per via delle tasse, tende a recuperarsi nel medio termine grazie a un ambiente economico più favorevole per le imprese. Ciò è soprattutto vero in un contesto dove un’amministrazione democratica (ma sarebbe lo stesso anche in caso di vittoria di Trump) si prepara a varare un pacchetto di stimolo compreso tra i 2.5 e i 3.5 trilioni di Dollari.
Se si aggiunge a questo una gestione meno erratica dell’emergenza Covid e delle tensioni sociali e un atteggiamento più distensivo nelle relazioni con la Cina (che avvantaggerebbe i colossi del commercio retail), una vittoria democratica non getterebbe i mercati nel panico.
Certo esistono delle chiare differenze di policy tra i due candidati che possono premiare o penalizzare certi settori. A differenza di quattro anni fa, negli ultimi mesi abbiamo assistito a un graduale riposizionamento verso alcuni settori come quello delle energie rinnovabili e delle società di costruzioni e infrastrutture, che potrebbero beneficiare di una presidenza Biden. Al contrario i prezzi delle aziende di energia da combustibili fossili, che soffrirebbero sotto la presidenza Biden, sono in calo. Gli stessi movimenti non si sono visti contro i grandi colossi della Silicon Valley, a riprova che i mercati considerano relativo il rischio di una stretta fiscale, in un contesto per il 2021 che si prevede espansivo.
La variabile politica è senza dubbio importante nel determinare la performance di mercato, ma nella storia recente si è dimostrata meno rilevante dei fattori macroeconomici: il mandato del nuovo presidente coincide con l'inizio di una nuova fase e questo è oggi ciò che conta. È probabile che l’agenda della politica americana sarà dettata dalla contingenza e dalla necessità di offrire una pronta risposta alla crisi. In questo senso le differenze tra i due contendenti ci sembrano diluite dallo stato di emergenza.
Detto questo è ragionevole aspettarsi un aumento della volatilità nei giorni a ridosso della tornata elettorale, ma questo aumento perdura nel medio periodo solo se i mercati perderanno la fiducia che il governo USA sia in grado di mettere in campo politiche sufficienti a sostenere la ripresa: proprio per questo un esito incerto delle elezioni, reso possibile dalla prevalenza del voto anticipato per posta in certe regioni, è oggi l’ipotesi più temuta dagli investitori. Il suggerimento per le famiglie che operano sui mercati con obiettivi di protezione e crescita del capitale nel lungo periodo, è quello di mantenere un approccio ben diversificato che dovrebbe bastare, in questa occasione, a limitare i vari effetti settoriali legati al risultato elettorale.
A cura di Paolo Galvani, Co-fondatore e Chairman Moneyfarm