L’emergenza giustizia, in Italia, è anche emergenza materiale: aule fatiscenti, tribunali decadenti, palazzacci diroccati che richiederebbero un’opera profonda di ristrutturazione e ammodernamento. Ad accendere i riflettori sulla necessità di “costruire” giustizia, nel senso letterale del termine, sono i costruttori dell’Ance che, con il loro presidente Gabriele Buia, hanno invitato il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ad un confronto con avvocati e magistrati per imprimere, se si riesce, una svolta: basta rinvii, si ponga mano a un piano nazionale di edilizia giudiziaria per i circa 926 immobili in gestione al ministero di via Arenula. Sicurezza e salubrità dei luoghi, efficienza del servizio, decoro e solennità della funzione: le ragioni per intervenire abbondano. Il simbolismo del processo, del resto, ne esce ammaccato: come una toga macchiata o una bilancia spezzata, così l’edificio che ospita la dialettica tra accusa e difesa dovrebbe rispondere a standard minimi di decenza e ordine, ma la situazione italiana è ben nota a chiunque sia entrato almeno una volta in un tribunale: strutture piccole, mal distribuite e non a norma, scarsamente accessibili per l’utenza, assai poco digitali, per nulla adeguate al valore reale e simbolico del posto.
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