Via Libertà a Palermo, luogo dell'agguato in cui è stato ucciso Piersanti Mattarella il 6 gennaio 1980 (foto Ansa) 

IMPEGNO E RESPONSABILITÀ

Le parole di Piersanti Mattarella

A 41 anni dalla scomparsa dell'allora presidente della Sicilia, ucciso in un agguato mafioso in via Libertà a Palermo, riportiamo i testi di alcuni suoi interventi pronunciati durante le riunioni dell'Assemblea regionale

 

Sui fatti di violenza di Milano e di Primavalle a Roma.  (Settima legislatura, seduta del 17 Aprile 1973. Mattarella interviene in qualità di assessore alla Presidenza, delegato al bilancio)

 

Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, i gravissimi fatti di Milano e il brutale attentato di Roma, cui hanno fatto riferimento nei loro interventi i rappresentanti dei gruppi parlamentari, hanno gravemente turbato l’opinione pubblica e la coscienza civile del Paese, ed hanno aumentato in tutti gli autentici democratici la preoccupazione per una spirale di odio e di violenza di fronte alla quale non è più sufficiente anche la più ferma delle condanne. La consapevole responsabilità di quanti credono nelle istituzioni democratiche deve portare all’isolamento delle forze che perseguono una strategia di violenza. Coloro i quali hanno contribuito a scrivere la Costituzione, quelle forze che, attraverso la Resistenza, seppellirono il fascismo e tutto ciò che esso di funesto e tragico rappresentò per l’Italia, hanno il dovere di difendere questa democrazia e le sue istituzioni, dagli attacchi sempre più scoperti e preordinati. È perciò necessario, con fermezza, non solo condannare, ma concretamente respingere ed isolare ogni forma di aggressione allo Stato democratico. Il contrasto, l’opposizione è oggi su questi temi, tra due schieramenti: da un lato chi vuole difendere le istituzioni, e dall’altro chi le aggredisce, chiunque esso sia, per logorarle e distruggerle.

 

Per queste considerazioni, mentre rivolgiamo un rispettoso pensiero alla memoria delle vittime dei tragici fatti, manifestiamo riprovazione e condanna per le preordinate e tragiche violenze di Milano e per l’atroce delitto di Roma. Esprimiamo sincera solidarietà alle famiglie delle vittime, ed invochiamo i rigori della legge ed una efficiente e rapida giustizia; intendiamo sottolineare che l’assassinio della giovane guardia di Pubblica sicurezza, Antonio Marino, ha una precisa responsabilità politica. E non è un paradosso, nè una contraddizione, ma risponde alla logica stessa della violenza fascista, che ad uccidere un agente di polizia siano stati i teppisti dell’estrema destra, di quello schieramento, cioè, che ha teorizzato lo scontro fisico, che si è dichiarato fiancheggiatore e addirittura sostitutivo delle forze dell’ordine. Questa volta, anche questa volta, lo squadrismo e il teppismo fascista hanno mostrato il loro autentico volto, la loro vocazione alla violenza, la loro intolleranza, il loro disegno eversivo. Di fronte a tutto questo, i partiti democratici ed antifascisti debbono, con chiarezza, manifestare un impegno più coerente e coraggioso, per dimostrare che lo Stato ha la forza e la volontà sufficienti per combattere ogni disegno eversivo, per scoraggiare e per stroncare ogni tentativo, inammissibile in uno Stato democratico, di chi intenda farsi giustizia da solo, e comunque di chi voglia alimentare la violenza, qualunque violenza, nella vita del nostro Paese, che noi fermamente vogliamo sempre più civile e democratico.

 


 

Appello al popolo siciliano per la difesa dello Stato democratico (Ottava legislatura, seduta straordinaria del 17 Marzo 1978. Mattarella parla in qualità di presidente della Regione)

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il criminale assalto di ieri mattina con il barbaro assassinio di cinque uomini, vittime eroiche del loro dovere, e il rapimento di Aldo Moro, costituisce certamente, nella drammatica sequenza di violenze e terrorismo nel nostro Paese, il momento più grave. L’attacco ripetutamente condotto al corretto svolgersi della vita democratica ha alzato il tiro per colpire al punto più alto. La ferocia e la perfetta esecuzione, la certa meticolosa preparazione dell’agguato sono la conferma della gravità e della consistenza del fenomeno e della fredda, calcolata capacità di questo terribile nemico del Paese. La via della morte, del ricatto, della violenza efferata compie un altro lungo passo: cinque vittime innocenti, al ricordo delle quali mi inchino, a nome della Sicilia, con animo commosso e grato, hanno pagato con la vita un servizio reso per la sicurezza democratica della Repubblica. Alle famiglie di Oreste Leonardi, Raffaele lozzino, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi giunga il nostro più profondo cordoglio e la nostra totale solidarietà. Ai Corpi presso cui hanno militato, ai loro colleghi impegnati in questa durissima battaglia a difesa delle istituzioni, il nostro rinnovato apprezzamento, il nostro incoraggiamento, la nostra gratitudine. Dicevo che l’attacco di ieri ha colpito al punto più alto; è stato detto ieri in Parlamento: non si poteva colpire più in alto; si è mirato al cuore del nostro sistema democratico.

 

Aldo Moro costituisce, a me pare, il punto di maggiore rappresentatività della vita democratica del nostro Paese; si è colpito con lui non solo il maggior partito italiano, ma l’intero sistema politico e istituzionale. L’aggressione è al cuore delle istituzioni che si vogliono disgregare, è alla stessa democrazia che si vuole distruggere, è alle libertà fondamentali che si vogliono smarrite. Di fronte alla tracotanza della azione compiuta, alla sua brutalità, alla sua inumanità, l’Italia è sbigottita, sgomenta. Il senso di insicurezza per l’oggi e per il domani della vita della società suscita smarrimento, incertezza, può determinare paura, rassegnazione. Occorre reagire con calma e fermezza, con forza, allontanando reazioni nervose ed emotive; il Paese lo ha fatto ieri, come lo ha fatto con grande compattezza e compostezza il popolo siciliano. L’imponente manifestazione di ieri a Palermo, indetta per soddisfare la concorde esigenza che Regione e comuni, partiti e sindacati hanno subito, dopo aver appreso il terribile fatto di Roma, avvertito con immediatezza, è la conferma dell’altissima maturità civile e democratica del nostro popolo. Poche ore sono state sufficienti per una enorme partecipazione di popolo – lavoratori e professionisti, giovani e dirigenti, donne e religiosi riempivano la piazza – sono state sufficienti per fare raccogliere con prontezza ai sindaci dei capoluoghi della Sicilia il nostro invito a partecipare; sono state sufficienti a far arrivare decine e decine di sindaci con i gonfaloni dei loro comuni. La risposta civile e ferma è di tutto il popolo della Sicilia al quale oggi con questa seduta, opportunamente convocata con pronta sensibilità dal Presidente De Pasquale, il Parlamento si rivolge con la forza della sua rappresentatività.

 

La risposta e la reazione che hanno determinato così larga mobilitazione sarebbero però ben poca cosa se non determinassero, richiedendoli con deciso impegno, due risultati: rafforzare le istituzioni pretendendo da esse una fermissima, decisa, dura, determinante azione contro l’eversione che deve essere piegata e sconfitta; isolare in ogni senso – politicamente, culturalmente, ideologicamente, moralmente – non solo i violenti, ma anche chi mostri tolleranza, comprensione o solo incertezza nei loro confronti. In queste direzioni tutti abbiamo un dovere da compiere, una battaglia da combattere; è stato detto che saremmo in una sorta di stato di guerra. Ebbene, respingendo interpretazioni eccessive di tale affermazione, perché non considerarci individualmente coinvolti in una sorta di guerra morale, sociale, politica, contro ogni violenza, ogni vile, ogni traditore della pacifica convivenza della nostra società? Abbiamo, comunque, tutti – e la Regione si sente pienamente impegnata – il diritto di chiedere che lo Stato si difenda con una mobilitazione eccezionale delle sue forze, dei suoi mezzi, recuperando subito, senza incertezze, con decisione, con coraggio, la maggiore efficienza dei suoi servizi di sicurezza e di difesa. Abbiamo, comunque, tutti il dovere di una mobilitazione morale, di una tensione ideale, che faccia avvertire con chiarezza che l’Italia vuole difendere i valori di democrazia e di libertà così duramente conquistati con la Resistenza e mantenuti nel trentennio di vita repubblicana, con fede profonda nella democrazia e nelle sue articolazioni, con rigore ideale e spirito di tolleranza, con dedizione allo Stato ed alla sua comunità, con spirito di conciliazione e di unità, così come ha realizzato il suo impegno politico Aldo Moro. La nostra affettuosa, piena commossa solidarietà a lui, alla sua cara famiglia, alla Democrazia cristiana, della quale, oltre che Presidente, è certamente capo morale e politico, si unisce non solo all’augurio, ma alla forte pretesa che tutto sia fatto per restituirgli la libertà, perché egli, che costituisce un punto essenziale e determinante della vita della nostra democrazia, possa riprendere il suo ruolo di garante, tutore, ispiratore di scelte di democrazia e di libertà. L’ora che il Paese vive è la più difficile e drammatica, la nostra fede nella democrazia ci fa sperare che anche questa battaglia sarà vinta.

 



 

Commemorazione del magistrato Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso (Ottava legislatura, seduta del 26 Settembre 1979)

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi, un altro efferato barbaro assassinio è stato perpetrato nella città di Palermo, un altro assassinio che colpisce, che dissacra la convivenza civile di questa città; un altro assassinio che colpisce, questa volta, due servitori dello Stato: un magistrato, Cesare Terranova e un uomo delle forze dell’ordine, il maresciallo Mancuso. Avevamo manifestato in altre, purtroppo ricorrenti, occasioni il senso di sgomento, di preoccupazione per la gravità della situazione dell’ordine pubblico nella città di Palermo, per il grado di aggressività della delinquenza organizzata e mafiosa in questa città. Oggi avvertiamo, con questo ulteriore episodio, un senso di profonda preoccupazione e di inquietudine, non solo per la gravità di ciò che accade in questa città, ma anche per il verificarsi di una specie di assuefazione a fatti di violenza come questi, per il verificarsi di una sorta di fuga dalla coscienza come se questi fossero fatti ed episodi isolati che appartengono a poche persone. Sono, invece, fatti che non possono che chiamare ad una responsabilità collettiva tutta la comunità palermitana, tutta la comunità isolana: che richiama la responsabilità impegnata e concreta di chi ha il dovere di intervenire per spezzare questa spirale alla quale va data una risposta opposta alla paura, alla rassegnazione, che probabilmente si cerca di creare con queste inaudite aggressioni alle stesse istituzioni. A questa situazione si deve reagire fermamente, vigorosamente, al di là delle parole, delle celebrazioni che rischiano di assumere il ruolo di un rito e che non possono che essere respinte dalla opinione pubblica più attenta e più sensibile.

 

Questa realtà richiama ad un impegno collettivo delle istituzioni, degli uffici responsabili, ma anche ad un impegno collettivo dei cittadini a partecipare di più alla lotta contro ogni forma di delinquenza organizzata e di mafia. Io credo che l’assassinio, consumato con una ferocia inaudita, di questi due servitori della cosa pubblica deve lasciare un segno, al di là della partecipazione piena al cordoglio delle famiglie, al di là della solidarietà totale nei confronti della Magistratura e della Polizia, al di là della necessità di piegarsi reverenti al sacrificio di questi due caduti. Il segno per noi non può che essere quello di un impegno maggiore, per tutti e per ciascuno, ai vari livelli di responsabilità, nell’affrontare senza tentennamenti e senza paure questa autentica battaglia. Ho reso poc’anzi, assieme al Vice Presidente della Regione, omaggio alle salme dei due caduti al Palazzo di Giustizia e rinnovo da questa Aula alle famiglie le condoglianze del Governo e alla Magistratura ed alla Polizia la solidarietà piena del Governo. Noi avvertiamo, così come tutte le forze politiche, tutte le forze vive della società, dal mondo del lavoro, che lo ha fatto ieri con una manifestazione spontanea e significativa, al mondo della cultura, avvertiamo – dicevo – l’esigenza di manifestare alla Magistratura ed alle Forze dell’ordine, impegnati in prima linea a difendere la qualità della convivenza civile e la società da queste aggressioni che finiscono anche queste per appartenere alla sfera della eversione, non solo la piena solidarietà, ma vorrei dire la testimonianza di una partecipazione in spirito al loro impegno, tante volte generoso ma incompreso, talvolta spinto fino all’estremo sacrificio, spesso avvolto dalla sensazione di essere isolati, di non essere compresi, di non essere sostenuti. Cesare Terranova va ricordato per la sua figura di magistrato, per la qualità del suo impegno di magistrato, ma va ricordato anche per il suo impegno civile e politico. Nell’arco di tempo dedicato alla presenza politica, egli profuse il suo impegno, con grande competenza, soprattutto in direzione dei problemi della giustizia.

 

Il suo collaboratore, il maresciallo Mancuso, da posizione diversa ma con altrettanta dedizione, ha anch’egli servito lo Stato. La comunanza di impegno del maresciallo Mancuso con il Giudice Terranova era tale da fare superare il rapporto di collaborazione formale tra un agente o un graduato di polizia ed un magistrato, per renderlo partepecipe del clima, della tensione che Cesare Terranova metteva nella vita giudiziaria. Nel rendere omaggio a questi altri due caduti, il cui sangue ha bagnato le strade di Palermo, nel rinnovare l’impegno del Governo in direzione di tutte le sollecitazioni possibili perché sia data una risposta, la più energica e la più efficace al problema della criminalità da parte degli organi preposti alla tutela dell’ordine pubblico, desidero annunciare che, in relazione al voto formulato da questa Assemblea, la settimana prossima si svolgerà a Palermo, presente il Ministro degli interni, la sollecitata riunione dei prefetti e dei questori dell’Isola. Rinnovo anche l’impegno del Governo regionale in direzione della soluzione dei problemi di base della nostra società, che è indispensabile promuovere, pur con la gradualità e le difficoltà che si incontrano, verso sollecite soluzioni positive. La soluzione, infatti, dei problemi di natura economica e sociale e di quelli relativi alla gestione della cosa pubblica certamente anche un modo per dare una risposta appropriata a questo fenomeno che turba la società siciliana. Con questo spirito e con questi sentimenti, rinnovo alle famiglie dei due caduti il profondo cordoglio della Regione siciliana.

 

I testi sono tratti da un volume pubblicato dall'Assemblea regionale siciliana nel 2004.