Processi e processo al maschio
Due già colpevoli
Le storie parallele del funzionario del British Council e di Gerard Depardieu
Sono tutti e due colpevoli di molestie sessuali e (l'attore francese) di stupro? Magari sì, ma dovranno deciderlo i tribunali. E non il teatro del pre-giudizio culturale, calato nella doxa universale delle questioni di genere
Paul Sellers era probabilmente alticcio alla fine della festicciola tra colleghi del British Council di Roma. Del resto l’avevano visto ballare con una stagista: inappropriato. Così quando il giorno dopo una dipendente dell’ambasciata (l’ente culturale fa capo al Foreign Office) ha riferito delle molestie all’ambasciatrice in persona, è stata presa sul serio. Disse che Sellers l’aveva baciata sulla bocca e l’aveva “palpeggiata in modo abbastanza deliberato” (l’espressione abbastanza demenziale è da imputare alla mail del vice dell’ambasciata, incaricato di rapida indagine da trasmettere a Londra). Plausibile e niente di inedito, fin da quando David Lodge sollevò il coperchio su questo genere di party nel suo Il professore va al congresso.
Roma e Parigi. Ci sarebbe invece un video che mostra Gérard Depardieu mentre pratica sesso con una giovane donna a casa sua. E se c’è il video, caso chiuso. Solo che, per quel che si sa, il video al momento non c’è, mostrerebbe solo l’uomo e la donna che salgono al piano superiore. Non la pistola fumante dei legal drama. E’ la storia del rinvio a giudizio per stupro e violenza sessuale del famoso attore, per la denuncia di una giovane attrice che sarebbe stata abusata una volta a casa sua, e poi sarebbe stata abusata una seconda volta qualche giorno dopo, prima di sporgere denuncia. La cosa che accomuna le due vicende, sesso a parte, è il contesto per così dire extragiudiziario attraverso cui si giudicano. Il cliché del funzionario bevitore da una parte, l’icona dell’attore vitalista e infoiato dall’altra.
Probabilmente tornare due volte a casa del porco (Depardieu) per subire una seconda violenza è una delle cose che hanno dato da pensare agli inquirenti (qui si lascia spazio tipo “metti il nome” alle critiche che pioveranno da molte donne). La denuncia fu archiviata nel 2019 per mancanza di prove. Ma ora c’è un nuovo rinvio a giudizio.
Sellers ha fatto causa per diffamazione per quella mail, che sembra prendere per buona unicamente l’accusa. Una condanna senza processo. Mettiamo le mani avanti: Sellers è senza dubbio colpevole (ops, mettere le mani avanti è un evidente lapsus, andrebbe #cancellato: ma non so usare mela + zeta). Però al momento in cui la storia ci viene raccontata dal Corriere, potrebbe persino non esserlo, dal punto di vista di una costruzione processuale classica. Ma Sellers essendo maschio, attratto dal bicchiere e dalle donne e in posizione socialmente dominante è colpevole a prescindere. “Sono uno che si fida della vita, degli altri, non sono un sospettoso”, ha raccontato Depardieu a Repubblica. Non sarà vero e non sarà “innocente” (la sua biografia) ma si addice al personaggio. Ora è l’attore vecchio e famoso contro la giovane alle prime armi. Ce n’è abbastanza per farne il colpevole perfetto, se invece che al tribunale si affida il giudizio al teatro del pre-giudizio culturale, calato nella doxa universale delle questioni di genere. Ma nel mondo come lo abbiamo conosciuto finora, è la parola di una contro quella dell’altro. In uno dei suo film migliori Depardieu interpreta Danton, in un feroce scontro con Robespierre. Danton è il sanguinario populista che la Storia ci ha consegnato. Animalesco. Ma Robespierre, moralista con il freddo nelle vene, fu assassino peggiore di lui. Perché l’Incorruttibile pretendeva di giudicare per la Salute pubblica e la moralità. Inevitabile che fosse Robespierre ad avere la testa di Danton. Sta girando a Parigi il suo primo Maigret. I romanzi di Simenon raccontano spesso la storia dal punto di vista del colpevole. Ma non c’è mai un colpevole che non si porti dietro anche un tratto di innocenza, e non c’è mai una vittima che non nasconda da qualche parte una colpa. Il tribunale etico sfuma nel silenzio, lasciando al giudice quel che è suo.