La morte dell'ex sindaco

Tognoli, cultura per amministrare

Socilaista, due volte alla guida di Milano (1976-1986) e poi ministro. Il "sindaco più amato" dai milanesi

Maurizio Crippa

Lodovico Festa lo ricorda: cultura, profondità di giudizi e di visione negli anni chiave del cambiamento della metropoli. "Un ceto politico che aveva conoscenza e sapeva ben amministrare senza fermarsi alle cose minute".

"Chi dà per spacciata Milano deve sempre ricredersi”, era stata una delle prime risposte in un libro-conversazione intitolato “Milano e il suo destino. Dalla città romana all’Expo 2015”. Uscito nel 2010, ventiquattro anni dopo che aveva finito di fare il sindaco, diciotto anni dopo aver abbandonato la politica attiva. Di Milano Carlo Tognoli, che è mortovenerdì 5 marzo a 82 anni, era stato sindaco per dieci anni, dal 1976 al 1986. Poi più volte ministro, per le Aree urbane, per il Turismo e lo spettacolo. Forse l’idea di accettare quella conversazione sulla storia e il destino della sua città, nel momento in cui si avviava la sua più recente trasformazione, Expo, gli era venuta dalla consapevolezza che per essere un buon politico, un buon amministratore, ci vogliono anche cultura e senso della storia. Della prospettiva.

   
L’interlocutore di quel libro conversazione, più che libro intervista, era Lodovico Festa, politico dell’altro partito della sinistra in quegli stessi anni, poi cofondatore del Foglio e poi saggista e scrittore. Con Festa si può provare a capire un po’ più in profondità quale sia stata la traiettoria politica di Tognoli, evitando le frasi di circostanza e scavalcando a piè pari le ipocrisie sul “socialista onesto” che piovono in queste ore sui social. “Con Tognoli avevo avuto rapporti più che altro formali negli anni ’70 e ’80, poiché non mi occupavo in  modo diretto dell’amministrazione cittadina. Avevo di lui la considerazione che avevano tutti: un sindaco capace, pragmatico, un riformista con una visione precisa dei problemi. Il solo fatto che, decenni dopo, entrando in un bar con lui si formava inevitabilmente un capannello di cittadini che lo salutavano, gli rendevano omaggio per il suo lavoro, basta a spiegare quanto sia stato apprezzato. Poi ho avuto la possibilità di un rapporto più intenso, di scoprirne altre qualità”. L’occasione è stata il libro sulla storia di Milano.

    

Conversando con lui mi ha colpito innanzitutto la chiarezza delle sue idee sulla politica, sulle direzioni importanti dei suoi sviluppi. Ma ancor più mi ha colpito la sua qualità culturale. Su ogni aspetto aveva un punto di vista profondo, approfondito. Che si parlasse di storia, di architettura, di un certa chiesa, di urbanistica, di Gadda”. Eppure, Tognoli non proveniva dall’accademia o dal mondo delle professioni intellettuali. Era perito chimico, aveva frequentato la Bocconi da studente lavoratore, mentre già era attivo militante del Psi. “Sì, ma il suo percorso è la dimostrazione che per fare politica, o per essere un amministratore che non si occupa soltanto della gestione minuta, pur importante, occorre cultura. Occorre la capacità di approfondire, di formarsi un’opinione non generica delle cose.

   

Lui lo ha perseguito per sé. Tognoli è stato uno dei migliori esempi, assieme ad altri, di un ceto politico che aveva una cultura e una visione”. Quegli anni, caratterizzati da un ciclo di cambiamenti e anche dall’uscita dagli Anni di piombo, sono stati anche gli anni in cui Milano ha impostato una parte del suo futuro. “Il progetto del passante ferroviario, la decisione sul trasferimento della Fiera, l’opzione di Malpensa: sono scelte decisive, di urbanistica, di sistema. Grazie anche al ruolo di un amministratore determinato, che sapeva usare le competenze ma sapeva anche interloquire con ‘i competenti’. Per fare questo, ripeto, era necessaria anche una capacità culturale. Di questo abbiamo parlato molto, e mi ha sempre colpito la sua conoscenza. Avere un’idea chiara di Milano come della ‘Città Lombardia’ di Cattaneo: non una capitale imperiale chiusa in se stessa, ma una città che, fin dal medioevo, è il centro di una rete con il suo contado, i centri manifatturieri, i trasporti. Da qui nasceva uno sguardo sistemico, ma anche pragmatico, di quel che doveva essere lo sviluppo di Milano”.

 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"