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Il populista che non serve

Fedez no grazie

Problema di cultura politica, non di legge Zan

Maurizio Crippa

Il rapper è diventato un populista che vuole aprire la Rai come un pacco di Amazon? Brutte avventure che abbiamo già visto, e che hanno rivinato questo paese. Se vuole fare politica, il percorso èun altro

"Ne abbiam visti geni e maghi uscire a frotte / per scomparire”, cantava Francesco Guccini, non un rapper. Aggiungendo sconsolato che noi, “se si muore solo un po’, / chi se ne fotte”. Chi se ne fotte della legge Zan, chi se ne fotte del primo maggio e persino della libertà di straparlare. L’unica cosa che fotte, è che non si sentiva la mancanza politica di quest’ultimo genio: Fedez, il populista che voleva aprire la Rai come un pacco di Amazon.

 

Federico Leonardo Lucia  in arte Fedez, rapper, più noto come consorte di Chiara Ferragni, è con ogni evidenza l’anello debole della catena alimentare di famiglia: quella che mette le idee e fattura è per forza lei. Infatti si tiene a debita distanza dalle eruttazioni politiche di lui. Il che non vuol dire che non la pensi uguale, ad esempio sulla legge Zan. Ma appunto, lei forse lo capisce: a chi dovrebbe fottere, in un paese normale, di quel che pensano i Ferragnez? Da un tot di tempo hanno mostrato l’intelligenza di cambiare stile e merceologia, sono passati alla promozione delle idee e delle buone cause. Sono risultati simpatici persino a me. Il problema è quando Fedez decide di saltare un’asticella troppo alta, e passare dai social alla politica senza mediazione, senza soluzione di continuità: la via del peggior populismo.

 

 

Senza mediazione non significa, ovviamente, che per fare politica sia necessario passare da SciencePo (quella è una cosa che tende a rendere noiosi). Però, se vuoi fare politica smetti di fare l’artista (“io sono un’artista, salgo sul palco e dico quello che voglio”, ha espettorato in un video, sfoggiando un italiano da ripetente dell’istituto d’arte) e fondi un partito (certo, lo ha ricordato Antonio Polito sul Corriere di ieri: “Da quando Piero Fassino sfidò Grillo a farsi un suo partito ‘così vediamo quanti voti prende’, l’argomento non è più utilizzabile”). Ma pretendere di entrare nell’agone pubblico e discettare di leggi e del corretto funzionamento del Senato, o di cosa il servizio pubblico debba o non debba mandare in onda senza aver letto manco un manuale di istruzioni, è irricevibile. E’ fuffa, abbiamo già dato. Si può anche rigettare come un’insinuazione che Fedez stia pensando di trasformare “i follower in voti”. Diciamo che è in buonafede (ma la buonafede, come insegnano i saggi, è l’altra faccia di medaglia della cattiva coscienza). Però Fedez è pur sempre quello che fece l’introduzione a un libro di Casaleggio, e la provvista di buonafede si esaurisce qui. Il problema vero sono tutti gli altri, a partire dai politici, sono loro a credere fermamente che “i follower siano voti”.

 

Così lo storytelling dei Ferragnez che si fanno politici era iniziato come una boutade, un fenomeno di costume, una cosa allegra. E lì dovrebbe fermarsi, non fossimo un paese che nemmeno la pandemia ha vaccinato da geni e maghi apparsi a frotte. Che cosa pensi Fedez della legge Zan, o di Salvini, e persino del “sistema della Rai” non dovrebbe interessare nessun dirigente della Rai, nessun politico, nessun editorialista e, in definitiva, nessun cittadino informato. Come non avrebbero dovuto interessare a nessuno, troppi anni fa, le scemenze di Beppe Grillo che voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, o i populisti dell’altra sponda ma di identica natura: quelli che volevano i pieni poteri per uscire dall’Europa. Il populismo, d’ambo i generi come direbbe Zan, ha già fatto danni inenarrabili. Del rapper che crede di poter sfondare la democrazia come si apre un pacco di Amazon, ne facciamo a meno.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"