I commercianti festeggiano la 'ricorrenza' dei sei mesi dalla chiusura della fermata di Repubblica, 23-4-2019, Roma (Lapresse)

trasporto pubblico a roma

Il disastro Atac spiegato dalla Corte dei Conti

Andrea Venanzoni

Per la magistratura contabile il Campidoglio non ha esercitato alcun controllo sull'azienda del trasporto pubblico locale. Una relazione da leggere, soprattutto in vista delle amministrative 

Leggere la relazione di deferimento di Roma Capitale davanti la Corte dei Conti, risalente a fine marzo 2021, concernente lo stato attuale delle società partecipate con uno speciale focus su Atac e Roma Metropolitane s.r.l. in liquidazione dal 2019 per il verificarsi di perdite superiori a un terzo del capitale sociale, settantaquattro pagine fitte di numeri, contestazioni, disforie contabili, irrazionalità amministrative e gestionali, pur per il profano del diritto e del giudizio contabile è esercizio corroborante, salvifico: la dignità ritrovata del capire perché le scale mobili delle stazioni metro sono più barricate della Milano delle cinque giornate, il perché alcune essenziali stazioni sono chiuse sine die o del perché i servizi pubblici di trasporto vengano erogati con una sconcertante assenza di qualità o con sconcertante assenza tout court, perché appaia sempre arduo se non impossibile adottare una per quanto semplice decisione, alla luce della geologica sedimentazione di partecipazioni incrociate, o del perché con autentico colpo di scena i vertici di Farmacap si siano dimessi in aula Giulio Cesare durante un consiglio straordinario.

 

Un esercizio taumaturgico e liberatorio di consapevolezza ritrovata, a cui parteciperanno anche i massimi vertici capitolini convocati, a partire dalla sindaca Raggi, in audizione digitale il 10 maggio, per spiegare, o tentare di farlo, come sia stato possibile arrivare a questo punto.


Nelle sue conclusioni infatti la Corte indica i chiarimenti essenziali che dovranno essere forniti, tutti legati alle criticità emerse dalla capillare istruttoria condotta nei mesi precedenti. Il quadro più critico, lo si accennava, riguarda proprio il trasporto pubblico.


Contestazioni davvero gravi, tra cui il non aver per anni e anni esercitato il controllo del socio unico sulla sua stessa partecipata dei trasporti, avendola lasciata alla deriva anarchica del gestirsi da sola, come meglio credeva e con risultati apprezzabili da chiunque abbia la ventura di mettere piede sui bus, quando non prendono fuoco, o su un vagone metro, se la stazione non è chiusa. Solo tra il 2018 e il 2019, rispettivamente con la delibera di assemblea capitolina n. 27 e con la delibera di giunta capitolina n. 51, si è tentato di porre un parziale rimedio ma con risultati non incoraggianti, come notano gli inquirenti.

 

Leggere l’emersione di un quadro di sostanziale “assenza” del socio pubblico nel controllo delle sue partecipate dei trasporti spiega meglio di tante fotografie e di tanti video lo stato presente del degrado in cui versano i mezzi pubblici capitolini.


E d’altronde, una delle richieste di chiarimento concerne proprio la gestione delle spese per le consulenze legali in Atac, a cui è dedicato un intero paragrafo che si dipana da pagina 71 a pagina 73, da cui emerge un potere di autodeterminazione e di assunzione di decisioni gestionali che lascia più di una perplessità in termini di controllo analogo.


Altro aspetto di rilevante gravità riscontrato dai magistrati contabili: il non aver approvato il bilancio di esercizio da parte di Roma Metropolitane s.rl. per anni, dal lontano 2015, lasciando cadere una coltre densa di opacità su come venivano e vengono spesi i denari pubblici, ed arrivando ad approvare i bilanci solo con enorme ritardo, a fine gennaio 2021, quando l’occhio indagatore della Corte dei Conti si era levato sul profilo di Roma Capitale già da qualche mese. E, soprattutto, sempre su Roma Metropolitane, l’aspetto più grave e sconcertante stigmatizzato dagli inquirenti contabili, è aver rappresentato una situazione economico-patrimoniale ‘non veritiera’. Lo leggiamo, testuale, a pagina 4.

 

Mettendo in fila le contestazioni, potrebbe dirsi davvero che tutto torna: ogni singola corsa saltata, i ritardi, l’acqua che filtra e gronda in rivoli nerastri nel ventre cavo delle stazioni, le file, le navette sostitutive, la sporcizia, stazioni tumulate per mesi e mesi con improbabili lavori invisibili e non percepibili ad occhio nudo.


Un autentico dramma disfunzionale che origina da lontano, senza dubbio, e che non può essere caricato del tutto e non solo sulle spalle della Raggi: tuttavia le contestazioni in oggetto dei giudici contabili riguardano l’arco temporale che va dal 2015 ad oggi, sei anni di cui cinque a gestione Raggi. Il paradosso, inevitabile, dell’antipolitica che si trova, dopo una vita intera a dar colpa a chi c’era prima, a specchiarsi e a scoprire dolorosamente di essere diventata proprio ciò che si contestava.

 

Un quadro che aggrava la scelta di remar contro quell’esercizio di democrazia diretta referendaria per la liberalizzazione dei servizi di trasporto, un momento di partecipazione della popolazione passato sotto silenzio e poi finito addirittura per aule di giustizia amministrativa. Senza logica competitiva e concorrenza i cittadini romani dovranno continuare a farsi il segno della croce quando si incamminano verso una stazione o una fermata bus, accettando questa opaca connessione tra ente pubblico Roma Capitale e società partecipate su cui per vari motivi non viene operato un controllo analitico, puntuale e razionale.


Perché la assenza di controllo analogo, il lemma tecnico usato per esprimere la necessità che il socio controllante controlli davvero la società partecipata, ha portato a una bulimia espansiva della irrazionalità gestionale, trasformando la funzione del trasporto pubblico in un fortilizio impenetrabile in termini di customer satisfaction e soprattutto nella necessità di fornire risposte di ogni disfunzione a Roma Capitale.

 

Queste settantaquattro pagine rappresentano, senza dubbio alcuno, una lettura imprescindibile per le forze politiche alle prese, faticosamente, con la stesura del programma elettorale per le prossime elezioni capitoline. Qui, è evidente, non si tratta più di mero cambio di passo, ma di radicale trasformazione, di un modo nuovo, e nuovo davvero, nel gestire le società partecipate e i servizi pubblici.


I chiarimenti, appare evidente, non sono dovuti solo ai magistrati di Via Baiamonti, ma anche alla cittadinanza romana tutta che tra pochi mesi tornerà alle urne.

Di più su questi argomenti: