Onore all'Azelio

Andrea Minuz

La targa dedicata a Ciampi e realizzata dal Campidoglio ha un refuso. Si interrompe l'inaugurazione, alla presenza delle maggiori cariche dello stato. La commedia all'italiana è viva e lotta insieme a noi 

Sembra una delle migliori pagine di Age & Scarpelli. Roma. Lungotevere Aventino. Esterno giorno: sotto il sole accecante della primavera romana, alla presenza delle autorità, il capo dello stato, Sergio Mattarella, della sindaca, Virginia Raggi, dei presidenti di Camera e Senato e dei figli Claudio e Gabriella Ciampi, si inaugura la targa dedicata all’ex presidente della Repubblica. Tutto è pronto per questo nuovo e scintillante, “Largo Azeglio Ciampi”, nei pressi del sontuoso “Giardino degli Aranci”. Il drappo sta per essere rimosso, la fanfara è pronta, petto in fuori, ma all’improvviso la cerimonia si blocca. Pare che la targa sia scheggiata. Forse dei vandali nella notte, chissà. Solo che l’accecante luce romana non perdona. Si vede bene in trasparenza che lì sotto al drappo, scolpito nel marmo, a futura memoria, c’è scritto “Azelio”. “A-ze-lio”. Senza la “g”. Come “Orgolio e pregiudizio”, come il “giojeiière” di “Boris”, come il produttore Peppino Amato che diceva di Fellini “è una pietra emiliana della storia del cinema”. Come Lo Turco ne “La Banda degli Onesti” (che è davvero il film-manifesto del Movimento cinque stelle) che corregge “Cavagliere del lavoro”, “scolio”, “l’ho ogliata”, mentre prende a sganassoni il garzone di bottega.

 

Forse il cinema è morto, ma la commedia all’italiana è viva e lotta insieme a noi. Perché qui non è l’errore (le targhe sono piene di errori, date sbagliate, frasi in un latino improbabile), ma l’incontenibile grandezza della scena. La precisione chirurgica dei suoi tempi comici. Raggi vola altissimo e annichilisce la contessa Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare nell’immortale varo della turbo nave aziendale del “Secondo tragico Fantozzi”. L’Arena di Nîmes spacciata per il Colosseo poteva anche capitare (su Google la somiglianza è davvero impressionante, per non parlare dell’Arena di Verona: chissà quanti sono convinti di aver visto il Festivalbar al Colosseo). Ma fare così tanto meglio in così poco tempo non era facile. 


La scena dell’Aventino ha una drammaturgia talmente perfetta che si dà subito ragione alla tesi del consigliere grillino, Paolo Ferrara. Non può che esserci una regia occulta. “Non è un errore ma l’ennesimo attacco alla Raggi”. Un complotto. Un sabotaggio. Per giunta con il concorso di colpa dell’Ansa che riportava subito la notizia su Twitter: “Hanno sbagliato il cognome” (un presidente della Repubblica non può non avere un doppio cognome, come Oscar Luigi Scalfaro). Ma il tweet si rimuove subito. Il marmo resta lì davanti a tutti. E il povero Di Maio non fa in tempo a rifarsi il look da gran moderato e fine liberale che subito Raggi riporta il Movimento ai fasti del golpe in Venezuela, di Napoleone sconfitto ad Auschwitz, del grano “saraceno” che rovina il “made in Italy”. Mentre la Roma di Virginia Raggi andrà studiata un giorno nelle scuole di sceneggiatura.
 

Di più su questi argomenti: