Ex Ilva, stop del Consiglio di stato allo spegnimento degli impianti
Palazzo Spada ribalta la decisione del Tar di Lecce che avrebbe fermato la produzione dell’area a caldo. Giorgetti: ora subito un piano industriale compatibile con la tutela di ambiente e salute. La risposta ai lavoratori e un suggerimento per il ministro Orlando
Il Consiglio di stato ha deciso di annullare l’ordinanza di spegnimento degli impianti Ilva emessa dal sindaco di Taranto a febbraio 2020 (qui il testo della sentenza SCARICA PDF
All’esito dell’udienza del 13 maggio 2021, la quarta sezione di Palazzo Spada ha pubblicato oggi la decisione che ha disposto l’annullamento della sentenza del Tar di Lecce, cui si erano opposte, contro comune di Taranto, regione Puglia e Codacons, l’azienda Arcelormittal e Ilva in amministrazione straordinaria e ad adiuvandum il ministero dell’Ambiente.
Con la decisione del Consiglio di stato vengono dunque a decadere le ipotesi di spegnimento dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto di Acciaierie d’Italia e di fermata degli impianti connessi, la cui attività produttiva proseguirà con regolarità.
“Alla luce del pronunciamento del Consiglio di stato che chiarisce il quadro operativo e giuridico, il governo procederà in modo spedito su un piano industriale ambientalmente compatibile e nel rispetto della salute delle persone" ha dichiarato subito dopo la sentenza il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, aggiungendo che "obiettivo è rispondere alle esigenze dello sviluppo della filiera nazionale dell'acciaio accogliendo la filosofia del Pnrr recentemente approvato’.
Il governo infatti aveva detto di attendere questa sentenza per far partire il piano industriale firmato a dicembre 2020 ma che è attualmente fermo, e che dalla stessa data è sotto la responsabilità finanziaria e gestionale di Invitalia socia al 50 per cento di ArcelorMittal. Il piano prevede un’implemento della produzione dagli attuali 3,5 milioni di acciaio l’anno, agli 8 entro il 2025 con immediato revamping dell’altoforno 5.
“Ora la politica si assuma proprie responsabilità, ultima chance per futuro ecosostenibile di Taranto, è finito il tempo degli alibi”, sprona immediatamente il segretario della Uilm Rocco Palombella.
Questo ulteriore step giudiziario infatti non era scaturito da intervento autonomo della magistratura, ma da un’ordinanza sindacale contingibile e urgente che il Consiglio di stato ha dichiarato “illegittima poiché nelle motivazioni del sindaco non sono stati rappresentati fatti, elementi o circostanze tali da evidenziare e provare adeguatamente che il pericolo di reiterazione degli eventi emissivi fosse talmente imminente da giustificare l’ordinanza contingibile e urgente, oppure che il pericolo paventato comportasse un aggravamento della situazione sanitaria in essere nella città di Taranto, tale da dover intervenire senza attendere la realizzazione delle migliorie secondo la tempistica prefissata”.
Per i giudici di appello della quarta sezione di Palazzo Spada, inoltre, non si è evidenziato "un pericolo 'ulteriore' rispetto a quello ordinariamente collegato allo svolgimento dell’attività industriale" e il "potere di ordinanza" del sindaco ha "finito per sovrapporsi alle modalità con le quali, ordinariamente, si gestiscono e si fronteggiano le situazioni di inquinamento ambientale e di rischio sanitario, per quegli stabilimenti produttivi abilitati dall’ Autorizzazione integrata ambientale”.
A tal riguardo si legge nella sentenza “nel dichiarare la questione manifestamente infondata, il Consiglio ha rilevato come il Piano approvato con il d.P.C.M. del 29 settembre 2017 realizzi 'un equo bilanciamento e contemperamento dei plurimi interessi coinvolti nella presente vicenda'”.
Questa ultima dichiarazione è importante perché ancora una volta viene dichiarata l’Aia e il Piano Ambientale (Gentiloni/Calenda 2017 aggiornando quello Letta/Orlando del 2013) come la legge che norma la produzione Ilva stabilendone le prescrizioni ambientali da rispettare.
È la risposta per i lavoratori Ilva che da ieri sono in sciopero e hanno occupato via Guido Rossa bloccando tutta Genova contro la decisione dell’azienda di mettere in cassa integrazione ordinaria tutta la forza lavoro con la motivazione della mancata produzione: “La crisi di mercato non c’è, c’è una grande potenzialità inespressa da parte della fabbrica ma c’è bisogno di serietà e di scelte finalmente definitive da parte del governo, perché non ci fanno lavorare se il mercato ce lo chiede?”.
A questa domanda dei sindacati dovrà rispondere il ministro del Lavoro Andrea Orlando che sarà in fabbrica a Genova lunedì, primo giorno di cassa integrazione per tutti. Un suggerimento gli è arrivato oggi dal Consiglio di stato: accelerare l'istallazione dei filtri a manica, completare la copertura dei parchi minerari, non concedere più deroghe alla realizzazione delle prescrizioni ambientali, far ripartire la produzione.