Peter Paul Rubens - Romolo e Remo (1616 circa), via Google Art Project 

Aridatece la Lupa. Storia triste del simbolo di Roma, oggi insidiato dai cinghiali

Aurelio Picca

La Capitale, che aveva il sangue della Lupa, pare scuoiata. Si è avverato l’inimmaginabile: non è invasa dai Lanzichenecchi ma dai cinghiali

I miti sono le viscere intrecciate dei destini dell’umanità; e le leggende sono le visioni. È curioso che Enea, sbarcando nel Lazio, a forma di tre lobi prostatici, portando con sé il fuoco della sconfitta di Troia, con lo stesso fuoco accenda il destino che verrà. Un destino, quello di Roma, già segnato per dominare. Ed è curioso che nei boschi che risalgono Lavinio ci siano branchi di cinghiali e pochi lupi. Come è una visione quella di Enea che ha appena toccato la riva: egli scorge una scrofa

       
La scrofa è temibile se le si toccano i figli. E però i figli adulti sono cacciati alla stregua dei Sacerdoti del tempio di Diana. Infatti essi sono sacerdoti-cinghiali. Ogni due anni – nel Bosco Sacro – vengono catturati e uccisi. Il destino, appunto, di suo figlio Ascanio che fonda Alba Longa e che Marte, non a caso dio della guerra, ingravidi Rea Silvia. Infine sappiamo che per non incombere in un possibile comando di lei con la progenie di Ascanio, ella viene stuprata e murata viva mentre i due gemellini partoriti, Romolo e Remo, sono adagiati in una cesta e affidati alle acque del Tevere forse dalle parti di San Giorgio al Velabro e all’arco di Giano. Ma destino decise, dalle parche annodato, che i fratelli trovassero non un cinghiale imbestialito, bensì la Lupa. Il futuro urlo di conquista e di dominio di Roma.

      
Entrambi ciucciarono il suo latte. Poi Romolo uccise Remo e siamo qui, verso un’altra partenza… La lupa nera, madre tenera e feroce, fu subito Sacra. Il grandissimo tenebroso Franco Angeli ne ha dipinte a decine. La più selvaggia è quella nera che fa ciucciare un solo bimbo (sarà di sicuro Romolo). E in Lapsus lupus è lo stesso Luigi Ontani che si traveste da lupa mettendosi carponi con una pelliccia sulla schiena nell’atto di simulare l’allattamento di due bimbetti: uno bianco, l’altro nero. Però Angeli la mitica Lupa l’ha unita alle svastiche e alle falci e martello e ai mezzi dollari, per farla partecipare alla giostra tribolata del Novecento. 

     
A dipingerla ci ha pensato pure il magnifico Rubens (dipinto che non descrivo per la soggezione e lo stupore che mette a osservarlo). E comunque se raggiungi Pisa, sul Campo dei Miracoli, trovi una colonna con Lupa e Gemelli; e così a Siena. E anche sulla tomba di Goffredo Mameli, al Verano, fa buona guardia una lupa (me lo ha suggerito l’adorato Giuseppe Frangi). E neanche Pollock è riuscito a sottrarsi al mito della Lupa-Madre. La Madre alla quale il mondo intero deve inchinarsi e dire grazie perché altrimenti il fratricida Romolo non avrebbe fondato e regnato su ciò che alle scuole elementari ci insegnarono. Pollock pare dipinga una giungla nervina e di latta; un carro da battaglia intero e distrutto; il disegno di un arcipelago di conquiste. Mi domando semmai se Paolo Buggiani, “l’incendiario”, il costruttore di rettiloni e armature, l’abbia mai progettata una lupa. Chissà.

     
E poi e poi la Lupa è sinonimo della squadra di calcio Roma. Certo. Sempre ricordando, a proposito dell’intrecciarsi dei miti, che in quella Lupa c’è una parte di Lazio. Il Lazio di Giove posto su Monte Cavo e da Enea scolpito a nuova Patria affinché anche i futuri campioni della Lazio e della Roma potessero prendere a calci un pallone.

      
Ora la Capitale, che aveva il sangue della Lupa, pare scuoiata. Appare anemica, svuotata delle sue furiose o sensibili interiora. Si ha il sospetto che il destino del sacro abbia raggiunto uno stop. Pare che della lupa non ci sia rimasta sul selciato neppure una zampata. Che paradosso assurdo sarebbe se i cinghiali che brulicavano come insetti (tutt’ora) nei boschi prima della nascita dell’ultima Regina Barbara stessero abbandonando i loro legittimi luoghi per invadere Roma. Avremmo voluto non dirlo. Però proprio così è accaduto e sta avvenendo. Si è avverato l’inimmaginabile. Roma non è invasa dai Lanzichenecchi. Lo è dai cinghiali. È attaccata da est a ovest, da sud a nord. Mangiano i rifiuti delle discariche a cielo aperto. Ci manca vederli sfrecciare in monopattino. Dov’è finita la Sacra Lupa? Noi la rivogliamo più tenera e bestiale di pria (Ettore Petrolini).
  

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