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Addio a Luigi Amicone. La sua vita è stata una faccenda di movimento e umanità

Giuliano Ferrara

Era giornalista, polemista, politico un po’ per scelta un po’ per caso, predicatore ciellino senza boria e senza moralismo. E' morto stanotte a Monza

Esagerazione e affetto fraterno erano incastonati nel nome di Luigi Amicone, morto stanotte a tradimento nel rigoglio dei sessant’anni. Che poi Gigi sembrava a tutti e da sempre un bambino, lascia sei figli accuditi come cuccioli e una moglie amata ma sembrava lui stesso suo figlio. La sua storia di giornalista, di polemista, di politico un po’ per scelta un po’ per caso, di predicatore ciellino senza boria e senza moralismo, di figlioccio di don Giussani, di avanguardista operaio prima e splendido militante cattolico dopo, tutta la sua storia è come il suo perenne movimento, come le sue letture, come le sue lettere e articoli, una faccenda di movimento e umanità. Ma forse pensando a lui umanità è parola specista. Amicone per chi lo ha conosciuto, questo milanese purissimo figlio di immigrati abruzzesi, metteva nell’umanità del sorriso perenne molta animalità, molta natura generica, il gusto di correre e di essere dovunque, un’affabulazione qualche volta sgangherata e spesso di generosa eloquenza, e specificamente umani erano solo la fede, il dolore, l’amicale dedizione al suo Dio che era la chiesa, la tradizione, gli animali di città, il futuro e ogni possibilità appunto umana.

Le persone attive, fedeli, devote e libere non sono molte, era una di queste persone, uno di quelli speciali che possono ingannarsi ma non ingannano mai. Lo sanno i lettori della rivista “Il Sabato”, folgorante esperienza di politicizzazione di un progetto teatrale e mondano di santità, quelli del foglio chiamato “Tempi”, un tentativo mai assestato, terremoto continuo come il suo fondatore, di far vivere qualcosa che forse non c’era più, e del Foglio (qui trovate gli articoli che ha scritto per noi) che era il suo terreno di caccia e il suo vaso di desiderio pubblicistico e di successo, l’unico suo culo al caldo pieno di amici e di laicismi più o meno cattolici. Giussani prediligeva quell’intemperante, dilige et fac quod vis. Lui se ne sentiva figlio e interprete autentico, genuino, privo di spocchia, entusiasta. Ché l’entusiasmo, censurato dagli aristocratici di ogni tempo come un sentimento morale inferiore, era la cifra vera di riferimento della lotteria di Amicone, il suo modo folleggiante di iscriversi al registro della vita. Era lo charme di un omaccione alto e forte che solo la catena infame della malattia, con la sua sofferenza prolungata e il suo colpo di grazia, è riuscita a fermare in una notte dalle parti manzoniane di Monza.

       

Giornalismo e politica sono carriere, ma nella fede composta e confessionale eppure selvaggia di Amicone non c’era posto per una vera carriera. Era uno dei tanti figli novecenteschi di Peguy, un rivolo di contraddizioni che defluiva verso un grande fiume religioso e di raffinatissima complessità etica. C’era posto per l’avventura, per la curiosità, per la pratica e per l’onore delle idee, quante ne aveva lo sapeva solo lui, un vero Carlo in Francia che ne faceva più di chiunque altro. Aveva sempre bisogno di impegno, di educazione di sé e degli altri, faceva combriccola e baruffa come tutti ma con lo speciale punto di riferimento della sua oratoria, della sua chiacchiera mai inutile, della sua figliolanza verso una madre universale che lo aveva avvinto e stritolato nei suoi garbugli, nelle contraddizioni, nelle sue passioni ecclesiastiche, nelle sue insondabili possibilità. E’ da vedere se la chiesa di Roma farà in tempo a rimettersi dalla sua ebbrezza pauperista e ambientalista, dal suo moralismo pastorale he punisce la politica e la dottrina, cioè il cuore della chiesa nutrito dal vangelo, chissà, quel che è certo è che se le riuscirà di proclamare santo il Gius, che aveva in Amicone il suo allievo eterno, eterno bambino, un posto vicino all’altare sarà presidiato.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.