Un ricordo di Amicone, tra i pochi che un giornale hanno pensato e non solo diretto

Sergio Scalpelli

Tra l'agosto 1995 e il gennaio 1996 nascevano Tempi e il Foglio. Una data, un’idea e due giornali più che amici

Gigi Amicone. Compagno di una magnifica avventura, anzi due, il Foglio (qui tutti i suoi articoli) e Tempi. Storie molto diverse, ma accomunate dall’amicizia che ci ha fatto incontrare, conoscere, essere complici, divertirci, litigare (tantissimo), volerci bene. Era la primavera del 1995, Tempi esisteva già, da più o meno un anno, ma solo in quei mesi Amicone decise di lanciare la sfida del settimanale.

 

Lo spazio c’era, il vuoto lasciato da un settimanale importante come il Sabato si sentiva, e, chiacchierando con Luigi, si avvertiva il vero e proprio bisogno di ricostruire una presenza nella battaglia di quel momento: Forza Italia allo stato nascente, il polo delle libertà e del buongoverno, le elezioni del ’94, i sei mesi di governo Berlusconi, “la gioiosa macchina da guerra”, sconfitta nelle urne che si riprende e nasce il governo Dini, mani pulite impazza, già nella sua forma più esplicitamente golpista e ci ritroviamo in due “giri” diversi, diversissimi a pensare cose simili. Fare, pensare giornali. Sarebbero nati di lì a qualche mese Tempi settimanale, in edicola il 28 agosto del 1995, con un editoriale di apertura firmato da Giuliano Ferrara e il Foglio quotidiano, in edicola il 30 gennaio 1996, diretto sapete da chi.

 

Certo, sono state storie molto diverse, contigue, ma giocate su complicità, condivisone, diffidenza e dissonanze e distanze. Tempi aveva una comunità di riferimento, una comunità di fede, fortemente impegnata nella presenza culturale e politica, il Foglio, come diceva Lodovico Festa, che sarebbe diventato un grande amico di Gigi e collaboratore assiduo di Tempi, era una ideuzza che un gruppo di ex comunisti (non solo), avrebbero proposto a Giuliano Ferrara, il quale, da poco ex ministro del primo governo Berlusconi reagì più o meno con queste parole: “Cosa volete che faccia un gruppo di disoccupati: fonda un giornale”.

 

Parlo di Tempi e del Foglio perché, come ha scritto oggi qualcuno, Amicone non si annovera tra i tanti che hanno diretto un giornale, ma tra i pochi che un giornale hanno pensato. Tempi per ventitré anni è stato Amicone e lo è stato anche perché sapeva bene di non essere il fondatore e direttore di un giornale, ma un pezzetto di una storia, di un popolo, direbbero molti suoi amici, ed è vero, perché la sua forza e la ragione per cui in tanti lo piangiamo oggi è che ha combattuto con la stessa energia, la stessa grinta, le stesse incazzature, la stessa faziosità, lo stesso spirito e, sempre, con quel sorriso, tutte le battaglie nelle quali ha creduto. Senza alcun calcolo e capace di stare, per dirla con Giulio Meotti, “con gioioso pessimismo, dentro e fuori la realtà”.

 

Ai nostri amici, ai tuoi amici, caro Gigi, consiglio solo di leggere un tuo libro: “Le avventure di un padre di famiglia”, troveranno te, con tutta l’ironia e l’amore di cui sei stato capace e perdonami se ho parlato solo di questo giornale, di Tempi e di quei due magnifici anni, il 1995 e il 1996, durante i quali ci siamo visti pressoché tutti i giorni, ma sono stati cosi belli e intensi che oggi, pensandoti, non riuscivo a non vederti lì, in via Meravigli, 70 metri quadri, la prima redazione di Tempi. Ciao.

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