Ristoratori, sbafatori, autorità sanitarie e professionisti del superbonus tutti d'accordo. Come sopravvivere alle scorpacciate natalizie
La rivincita del fungo, nuovo pilastro della pace sociale
Il governo ha appena prorogato di tre mesi – scadeva il 31 dicembre – la sospensione delle tasse per l’occupazione di suolo pubblico, un clamoroso superbonus per i marciapiedi, il gazebo keynesiano
Non ci sono solo “positivo” e “negativo”, parole che un tempo indicavano gravi pestilenze legate soprattutto al letto e alla siringa, e oggi richiamano piuttosto i tamponi nasali. Come tante altre espressioni il Covid ha prodotto anche su “mangiare fuori” uno slittamento semantico, soprattutto in vista del Natale.
E così, tutti ci si attrezza, tra appunto tamponi e “molecolari”, per evitare di prendersi l’Omicron tra il tortellino e il Delta prima dello zampone (e magari sterminare i parenti anziani). Ma come evitare l’alitata dello zio magari no vax durante il cenone? E se al cugino che chiede “e la fidanzatina?” scappa questa volta il droplet? I più scaltri si stanno attrezzando col classico fungo, il già vituperato bombolone riscaldante da piazzare in terrazzo o balcone, per fuggire dalla convivialità imposta dalle feste o proprio per mangiare, appunto, “fuori”. Per chi deciderà di mangiare al ristorante, non c’è gara. I luoghi preferiti sono quelle distese di cabine o gazebo sorti sui marciapiedi, vere e proprie cittadelle e presepi alimentari che ogni ristorante e baretto ha eretto nei mesi della pandemia.
Parallela ai trionfi olimpici, alle risalite economiche, alle vette musicali, c’è stata infatti la grande edificazione del dehor diffuso. Fenomeno non solo italiano, anzi: per contrastare la crisi dei ristoranti e venire incontro all’ansia socio-alimentare, in tutto il mondo le città si sono infatti attrezzate con costruzioni di ogni tipo: in legno, ghisa, con pedane rialzate, lampade riscaldanti, i più fantasiosi con boschetti di bambù anche altissimi. Nella soddisfazione generale, tra ristoratori e sbafatori è scoppiata la pace sociale, nel silenzio forse rabbioso dei parcheggiatori che si son visti sottrarre preziosissime strisce bianche e blu.
E (forse sarà un altro primato italiano), a differenza di società più polarizzate e forse vibratili, il conflitto da noi non è esploso. A New York per esempio nel West Village è scoppiata la rivolta. “Outdoor Dining Is Home Invasion” ; mangiar fuori è l’invasione in casa, certifica il New York Times. Non solo l’affluentissimo Village ma il gentrificando Bronx è passato da 30 a 650 ristoranti all’aperto. A San Francisco il comune corre ai ripari, con un manuale di 64 pagine per come gestire gli spazi all’aperto e nuove regole, nel comune più burocratizzato (dunque più italiano) d’America.
In Italia, invece, il conflitto per ora è evitato. Il governo ha appena prorogato di tre mesi – scadeva il 31 dicembre – la sospensione delle tasse per l’occupazione di suolo pubblico, un clamoroso superbonus per i marciapiedi, il gazebo keynesiano. Però bisognerà vedere se queste superfetazioni rimarranno, eternizzandosi, oppure le preziose strisce blu e bianche tornare ai vituperati residenti. Ogni città si organizza: senza proroga si perdono 40 milioni di ricavi, dicono i ristoratori romani. A New York i residenti in generale lamentano rumori, roditori (ma a questo i romani sono abituati da tempo), le montagne di immondizia (come sopra). Quello a cui i newyorkesi non sono abituati o non così abituati è il parcheggio in doppia fila: fattore sottovalutato, ma che ha costituito finora uno stato cuscinetto tra le due nazioni, i parcheggianti e gli sbafatori. Corridoio umanitario, ha tenuto insieme il paese senza spaccature. Il traffico si è ulteriormente paralizzato ma si sa, non si può avere tutto.