26 novembre 1941 - 31 dicembre 2021
In memoria di monsignor Luigi Negri
L'arcivescovo di Ferrara-Comacchio è morto l’ultimo giorno del 2021. “Travolto da giovane” da don Giussani, una vita pugnace nel segno di fede e ragione
“Il tempo passa, ma non ci lascia. Il tempo passa, ma si ripropone ogni giorno di più come una cosa nuova, piena di senso e di significato. Il tempo che passa è perché il tempo passi, scusate il giro di frase, ma è proprio così”. Lo aveva detto poco tempo fa, in un ultimo messaggio agli amici, perché non aveva mai perso il gusto delle parole usate bene, per andare in profondità delle cose, sfidando sempre l’intelligenza dei suoi interlocutori. “Il tempo che passa è perché il tempo di Dio passi e si affermi potente in noi la grazia di Cristo”, aveva concluso, ed era il riassunto di una vita spesa per un solo ideale – “la vita divina in noi e nel mondo”, per usare ancora alcune sue parole –, anche da prima di essere ordinato sacerdote: il 28 giugno 1972, dal cardinale Giovanni Colombo arcivescovo di Milano. Da prima, significa da quando a quattordici anni, nel 1955, anche lui aveva salito per la prima volta i tre gradini d’ingresso del liceo Berchet di Milano e vi aveva incontrato don Luigi Giussani, che lì era arrivato l’anno prima, incaricato della “scuola di religione” da cui sarebbe nata l’esperienza di Gioventù studentesca. Come tanti altri, Luigi Negri fu “travolto da giovane” da quell’incontro, dalle ragioni e dalla sfida alla ragione che quel brillante giovane sacerdote proponeva ai rampolli della borghesia milanese degli anni Cinquanta. Quegli interrogativi non lo abbandoneranno più: alla Cattolica studiò filosofia, la sua tesi fu sul problema della fede e della ragione in Tommaso Campanella. Nel frattempo era diventato uno degli esponenti più in vista di Gs e due anni dopo, nel 1967, varcò un altro ingresso decisivo: quello del seminario di ambrosiano di Venegono.
Per molti ciellini della generazione appena successiva alla sua don Negri fu il primo impatto con un modo pugnace, caloroso come la sua voce a tratti un po’ roca, di proporre il cristianesimo: quando fu, per molti anni, responsabile di Gioventù studentesca, la sigla che ora raggruppava gli studenti medi di Comunione e liberazione. Erano gli anni Settanta della violenza nelle strade e nelle scuole, ma già si intravvedeva il vuoto che le ideologie stavano lasciando nella vita di un’intera generazione. Negri non smetteva mai di indicare nella cultura laicista di matrice illuminista l’origine di quel disastro, e di offrire l’esperienza cristiana come la risposta a quelle domande che la politica e la storia lasciavano inevase. Vennero gli anni dell’insegnamento in Cattolica, e gli anni di Giovanni Paolo II che così spesso insisteva sul rapporto necessario tra fede e cultura: “Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta”, era una frase di Papa Wojtyla che Negri aveva particolarmente cara e che ha sempre orientato anche il suo impegno episcopale: nel 2005 fu nominato vescovo di San Marino-Montefeltro, una delle ultime nomine di Giovanni Paolo II, e poi nel 2013 arcivescovo di Ferrara-Comacchio, di cui era emerito dal 2017.
Una visione combattiva del ruolo del cristianesimo nel mondo, nella crisi dell’occidente e negli anni della “guerra di civiltà” islamista, che lo aveva spesso portato a polemizzare dentro e fuori la chiesa, nell’agone politico. Negli ultimi anni, favorite dal venir meno di ruoli ufficiali, erano arrivate anche le prese di posizione in dissenso da alcuni aspetti del pontificato di Francesco (parlò di situazioni “scismatiche”) che avevano lasciato perplesso qualche vecchio compagno di strada.
Monsignor Luigi Negri è morto l’ultimo giorno del 2021, mercoledì 5 gennaio avrà l’onore di esequie doppie: in mattinata nella Basilica di San Francesco a Ferrara, presiedute dal cardinale Matteo Zuppi, e nel pomeriggio, alle 15, nel duomo della sua Milano, dove a celebrare il rito sarà l’arcivescovo Mario Delpini.