attacco informatico
L'hackeraggio alla Croce Rossa è grave
Sottratti i dati di più di 500mila persone in situazioni di fragilità. "La diffusione di tali informazioni causerebbe enormi danni ai nostri assistiti" avvisa l'organizzazione umanitaria
Non si sa ancora cosa sia successo di preciso ai dati della Croce Rossa e della MezzaLuna Rossa internazionale, se non che è una cosa potenzialmente grave. Oggi la sede centrale della Croce Rossa ha fatto sapere che i suoi sistemi informatici sono stati violati e che dai server sarebbero stati rubati i dati di almeno 515 mila persone che negli anni hanno ricevuto assistenza in campi profughi e di guerra.
Il leak non è cosa da poco: non lo è sia per il tipo di dati (oltre che sanitari anche indirizzi e numeri di telefono) sia per il tipo di persona cui appartengono, cioè quasi tutti esuli, rifugiati, persone scappate da guerre e conflitti, spesso costrette, oltre che a scappare, anche a nascondersi. E che ora nascoste o in salvo non sono più, perché il loro nuovo indirizzo è in giro, da qualche parte online.
Lukasz Olejnik, un ex consigliere per la guerra informatica presso la sede della Croce Rossa a Ginevra, ha definito l’incidente “la più grande violazione di dati nella storia di tutte le organizzazioni umanitarie fino a oggi”. Tra i dati rubati, inoltre, ci sarebbero anche quelli del database di Restore Family Links, il servizio che si occupa di riunire le famiglie separate (al ritmo di una dozzina al giorno) e che ha sospeso in queste ore le sue attività.
Nessuno ha ancora idea di chi possa esserci dietro l’attacco informatico. Forse uno stato che cerca i suoi fuggiaschi? O forse un gruppo di teppisti informatici, intenzionato a vendere tutto al miglior offerente sul dark web? Non si sa, anche se sembra che Croce Rossa punti tutto (o forse lo spera) su questa seconda ipotesi. E per questo, confidando che l’attacco sia stato compiuto da qualche pirata solitario, ha rivolto un appello: “Anche se non sappiamo chi sia il responsabile di questo attacco, o perché sia stato compiuto – ha detto Robert Mardini, direttore generale del Comitato internazionale – abbiamo un appello da rivolgergli: le tue azioni potrebbero potenzialmente causare più danni e dolore a chi ha già sopportato sofferenze indicibili. Le persone reali, le famiglie reali dietro le informazioni che ora hai sono tra le meno potenti del mondo. Per favore, fai la cosa giusta. Non condividere, vendere, divulgare o utilizzare in altro modo questi dati”.