L'omicidio di Marta Russo
A 25 anni dal delitto della Sapienza: tutto ciò che si è detto in questi anni
La giovane età della studentessa, l'università come luogo del delitto, gli errori processuali e l'ambiguità dei testimoni: sono tanti i connotati di una vicenda destinata a rimanere nella storia italiana. Ciò che è rimasto è il dolore di una famiglia e la consapevolezza di non aver chiarito il caso
Era il 9 maggio 1997 quando Marta Russo venne ferita a morte da un colpo di pistola mentre passeggiava per i viali della Sapienza in compagnia dell'amica Jolanda Ricci. Da quel momento si creò un groviglio inestricabile di domande che ancora oggi ritornano: chi è stato? Perchè? Da dove è partito lo sparo? I vari processi susseguitisi negli anni successivi hanno portato alla condanna in via definitiva dell'assistente universitario Giovanni Scattone, accusato di omicidio colposo aggravato e di Salvatore Ferraro, assistente come lui, per favoreggiamento personale. Entrambi si sono sempre dichiarati innocenti sulla base dell'inquinamento e della mancanza di prove, delle perizie chimico-balistiche, della contraddittorietà dei testimoni chiave, che subirono una pressione importante da parte dei magistrati e della copertura mediatica che condizionò il processo. I genitori di Marta hanno sempre accettato la verità processuale, la quale ha stabilito che un granello di polvere da sparo rimasto sul davanzale dell'aula 6, proprio dove si trovavano i due assistenti, fosse la condizione sufficiente per accusare i due giovani.
In questi 25 anni anche il Foglio ha ripercorso la vicenda, a volte appoggiandosi ad alcuni dei libri e dei podcast che hanno cercato di indagare e di comprendere il caso di Marta.
Vittorio Pezzuto, per esempio, al termine di vari anni di studio sul processo, ha pubblicato il volume “Marta Russo, di sicuro c'è solo che è morta”. Un libro che smonta e analizza quello che è successo dopo l'omicidio nelle aule di giustizia, dove sono emerse tante, troppe assurdità. Le 664 pagine sono state auto pubblicate dall'autore dopo vari rifiuti editoriali, conseguenza della scomoda conclusione a cui arriva l'autore, ovvero che i due presunti assassini siano stati il capro espiatorio di una vicenda talmente assurda da sembrare impensabile. I giudici, sostiene Pezzuto, sono stati influenzati da articoli e servizi televisivi in grado di ritrarre i due assistenti come due serial killer cinici e disturbati. Qui sotto ne riportiamo un estratto.
Coinvolte dall'omicidio di una ragazza come loro, Chiara Lalli e Cecilia Sala hanno minuziosamente analizzato ogni parte della macabra vicenda arrivando a confezionare un podcast dal titolo “polvere”, perchè “sotto la polvere una verità è possibile”. Sotto l'apparenza di quel residuo rilasciato (forse) dall'arma da fuoco, depositatosi sul davanzale dell'aula 6, c'è molto di più: secondo le due giornaliste, bisogna scollarsi di dosso le voci e le etichette di un caso dove l'opinione pubblica ha condizionato eccessivamente il giudizio dei magistrati.
Dal podcast al libro: il 25 maggio 2021 “Polvere” è diventato un prodotto cartaceo, edito da Mondadori per la collana “Strade blu”. Vengono analizzati i lati oscuri di quella mattina di maggio, arricchiti dal coinvolgimento di Chiara Lalli, anch'essa studentessa della Sapienza, che ricorda di aver vissuto con particolare ansia i giorni successivi alla morte di Marta: domande, dubbi, paura.
Ecco alcuni passi del volume: