Due nuovi casi di peste suina. La Regione Lazio corre ai ripari: sì agli abbattimenti dei cinghiali
Abbattimenti selettivi per evitare il propagarsi della malattia. “Le indagini hanno evidenziato come l'origine del virus 'romano' possano essere i rifiuti mangiati dagli animali nei pressi dei cassonetti”, ha detto Angelo Ferrari, direttore dell'Istituto zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta
Alla fine anche per i cinghiali servirà una soluzione drastica. Come confermato oggi pomeriggio dal capo di gabinetto della Regione Lazio Andrea Napoletani si procederà con “abbattimenti selettivi”. Nelle ultime settimane gli avvistamenti nel quadrante nord della Capitale, quello più vicino ai parchi dell’Insugherata di Veio e di Martignano, erano aumentati vertiginosamente. Non erano mancati neanche i casi di aggressione a ignari cittadini che si recavano a buttare la spazzatura ai cassonetti, diventati ormai banchetti per gli ungulati. Ma a fare scattare l’allarme negli ultimi giorni è stato l’accertamento di un caso di peste suina africana, una malattia che non colpisce l’uomo, ma che può creare problemi gravissimi per gli allevamenti di maiali, nel parco dell’Insugherata.
Due giorni fa la Regione Lazio è corsa ai ripari istituendo una zona rossa in gran parte di Roma nord con tanto di divieto di picnic con lo scopro di contenere l’epidemia. "Sono 14 o forse addirittura 16 le carcasse di cinghialimorti ritrovati nell'area di Roma, in buona parte all'interno del Grande Raccordo Anulare”, ha spiegato oggi pomeriggio alle agenzie Angelo Ferrari, direttore dell'Istituto zooprofilattico di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta, e commissario straordinario per l'emergenza peste suina.
Sono soltanto due al momento i casi di cinghiali sospettati di essere stati colpiti dalla malattia, che si aggiungono al caso zero di due giorni fa. Domani dovrebbe arrivate la conferma da parte dell'istituto zooprofilattico sperimentale del Lazio e Toscana. Secondo il commissario straordinario si tratterebbe di un focolaio primario, non legato quindi a quelli presenti in Liguria e Piemonte citati questa mattina dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa, il primo oggi ad auspicare gli abbattimenti selettivi per fermare il diffondersi dell’epidemia. E questo perché pure in questa storia la monnezza sembra aver comunque svolto il suo ruolo. “Le indagini - ha spiegato Ferrari - hanno evidenziato come l'origine del virus 'romano' possano essere i rifiuti mangiati dagli animali nei pressi dei cassonetti”.
Il problema è comunque nazionale. I cinghiali in Italia sono 2,3 milioni, a Roma sono 23mila, e in Liguria dove è stato trovato il primo esemplare malato i casi sono ormai 113. Per questa la linea decisa dal Lazio sarà probabilmente seguita anche nelle altre regioni interessate come auspicato da Costa questa mattina.
Nella Capitale la speranza è che i casi siano circoscritti all’area interna al Gra perché vorrebbe dire due cose: la malattia sarebbe rimasta in un’area circoscritta (quella stabilita come zona rossa dall’ordinanza della Regione Lazio) e sarebbe lontana da aree dove sono più presenti allevamenti di maiali.
Questa mattina intanto, come previsto dall’ordinanza della Regione Lazio, è partita nella zona rossa l'installazione di reti metalliche per contenere la discesa degli ungulati nei quartieri più urbanizzati di Roma nord. Il municipio XV ha allestito le prime reti intorno ai cassonetti in via Italo Panattoni. Domani durante l’incontro in Campidoglio anche con Ama e Regione Lazio l’iniziativa sarà probabilmente estesa alle altre aree della zona rossa, significherebbe recintare fino a 5mila cassonetti. All'Ama è stato dato mandato di mappare la posizione dei cassonetti su cui intervenire anche spostandoli.