(foto Ansa)

l'analisi

Scavi continui e mancanza di controlli: ecco perché Roma è piena zeppa di buche

Cesare Coldilana

Solo il 5 per cento dei lavori è soggetto a verifiche da parte del Comune. E in caso di urgenza si può tornare a scavare anche laddove i cantieri sono stati chiusi da poco. Colpa di un regolamento ottocentesco

Cinque su cento: questi sono i controlli che per regolamento vengono fatti dagli uffici comunali dopo i lavori stradali. Solo cinque cantieri su 100 vengono controllati. Difficile sorprendersi poi se a Roma ci siano solo i topi a riprodursi più velocemente delle buche, croce di auto, moto, pedoni, autobus, tram e gioia di gommisti e carrozzieri. Qualche anno fa una nota società produttrice di automobili e motociclette scelse Roma proprio per le sue buche per testare la qualità di ammortizzatori e balestre. Dietro quasi a ogni buca si nasconde un cavo, un tubo, una fibra ottica. 

Sono gli scavi a produrre buche. Scavi che nessuno controlla siano fatti bene: come detto, solo il 5% dei lavori è soggetto a controlli. Che spesso vengono ricoperti alla bell'e meglio e poi abbandonati lì, fino a che le piogge e il transito di veicoli non finiscono prima per aprire fessure e poi voragini nel manto stradale. Se all’origine fisica delle buche ci sono gli scavi, a quella amministrativa c’è il mancato controllo sul territorio. Frutto di un Regolamento scavi cervellotico e inapplicato. E anche decisamente ottocentesco. 

Andiamo per ordine.  Prima con Alemanno sindaco, poi con Marino, il Comune prova a mettere una pezza al sistema delle buche. Inutile o quasi rifare l’asfalto, spendendo fior di milioni, se poi dieci minuti dopo la fine dei lavori, arriva una delle società di pubblici servizi che sfonda tutto perché deve sistemare un cavo o un tubo. In teoria questi lavori devono essere sempre programmati. Ma basta che si dichiari l’urgenza e il vincolo della programmazione finisce per rimanere nel cassetto. Gli allora assessori ai Lavori pubblici, Fabrizio Ghera per Alemanno, e Paolo Masini per Marino, buttano giù un nuovo regolamento scavi che aggiorni quello dei decenni passati. Alemanno emana un’ordinanza. Che, quindi, muore appena finisce il mandato. Marino va su un vero regolamento ma cade prima di approvarlo. 

Il testo viene ripreso dal prefetto Francesco Paolo Tronca come Commissario straordinario. Viene approvato nel 2016. Ma rimane lettera morta. Nell’estate 2021, l’agonizzante Amministrazione Raggi approva una serie di modifiche a quel regolamento. Il risultato però non cambia.  Si fanno i lavori. Poi ci sono “180 giorni dalla restituzione provvisoria dell’area” dopo i quali chi ha fatto lo scavo “entro 15 giorni concorda la visita per l’accertamento della regolare esecuzione dei lavori con l’ufficio competente e il direttore dei lavori. L’Ufficio competente partecipa al 5% delle visite concordate”. Sfrondando dal burocratese: scavo, metto il tubo, richiudo. Dopo sei mesi chiedo il collaudo. Se sono sfortunato, rientro in quel 5% di cantieri da controllare. Sennò, è andata. 

Per cui si vedono cantieri di riparazione coperti con asfalto freddo che si sbriciola in pochi giorni. Coperture su altre coperture e strade ridotte a coperte patchwork di asfalti diversi con dossi, collinette, avvallamenti. Tombini e chiusini a centro strada una volta in rilievo, una volta sprofondati. Formalmente, il regolamento vigente prevede che vi siano dei tempi - un anno dopo un rifacimento post lavori, 3 anni dopo lavori di sistemazione generale e 5 in caso di strada nuova - nei quali non sia possibile fare nuovi scavi. Ma basta dichiarare l’urgenza e il divieto è aggirato. Il regolamento prevede anche che chi fa lo scavo, oltre dover ricoprire “a regola d’arte” - con indicazioni precise di spessori e materiali - debba anche ripulire le caditoie vicine. Più facile fare 6 al Superenalotto.

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