la crisi idrica
Siccità, per le aziende “lo stato d'emergenza serve, ma bisogna investire sulle infrastrutture”
La crisi idrica deve essere regolamentata non con singole ordinanze ma a livello statale, ci dice il direttore generale di Utilitalia. E per il futuro è ora di adottare tecnologie adeguate
Mentre governo e protezione civile valutano di dichiarare lo stato di emergenza per la siccità, sono più di tremila e cinquecento i comuni italiani con un problema di gestione dell'acqua. Le regioni più colpite, ad oggi, sono Lombardia, Emilia Romagna, Umbria e Piemonte. Utilitalia, federazione che riunisce le aziende dei servizi pubblici locali che gestiscono acqua, ambiente, energia elettrica e gas, ha condotto varie indagini riguardo l'attuale problema idrico: nell'ultimo studio del 27 giugno ha indicato regione per regione quali sono i comuni a rischio siccità e a che livello di criticità si trovano attualmente. In Lombardia si registra il più alto numero di comuni, 70, con criticità su parte significativa dell'abitato, seguita da Lazio (69), Marche (60) e Piemonte con 59 comuni. Al livello due sono indicati i comuni con criticità limitate alle reti locali delle frazioni per l'abbassamento delle sorgenti o delle portate disponibili: di questi la più alta concentrazione è in Piemonte, Molise e Lazio.
Di fronte a questi numeri, le aziende hanno chiesto alle amministrazioni locali di intervenire. In totale sono state 1.127 le richieste ai comuni da parte di aziende associate alla federazione o municipalizzate per far fronte al problema idrico, ma di ordinanze ne sono state emanate solo 368. Ecco perché, dal punto di vista di Utilitalia, lo stato d'emergenza potrebbe andare nella direzione di regolamentare a livello generale questa situazione, evitando misure diverse in ogni luogo colpito.
“E' da qualche settimana che in alcune regioni le aziende richiedono ordinanze per risolvere la crisi idrica”, conferma al Foglio il direttore generale di Utilitalia, Giordano Colarullo. “Lo stato emergenziale può servire a regolamentare in maniera più unitaria la situazione italiana, utilizzando comunque una flessibilità che permetta soluzioni più mirate per i luoghi maggiormente colpiti: ridurre l'utilizzo dell'acqua per il riempimento di piscine o di vasche, evitare di innaffiare giardini o aree verdi o farlo negli orari notturni, evitare di lavare automobili/moto se non strettamente necessario. Sono tutti utilizzi dell'acqua che oggi sono da considerare superflui di fronte alla criticità della situazione.” Un altro scopo dello stato d'emergenza sarebbe dare gli strumenti per consentire il trasporto d'acqua con le autobotti anche nelle zone di montagna.
“Oggi stiamo vivendo un fenomeno estremo, che, a quanto delineato dal Report Ipcc sulla mitigazione dei cambiamenti climatici, sarà sempre più frequente nei prossimi anni. Bisogna mitigare questi sbalzi perché non si può andare avanti per molto tempo con ordinanze d'emergenza”, continua il direttore di Utilitalia. “Un modo per risolvere la questione è incrementare le infrastrutture di depurazione dell'acqua guardando alle esperienze dei paesi che già si trovano ad affrontare una siccità come la nostra, con un aumento di temperature e basse precipitazioni. Un esempio è Israele, che vanta impianti di desalinizzazione avanzati. In Italia potremmo fare lo stesso per avere sempre l'acqua pulita.” Il processo è semplice: si tratta di applicare all’acqua gli stessi principi dell’economia circolare attraverso la depurazione, che ne consentirebbe il riutilizzo sia in agricoltura che nei bacini di superficie. Secondo stime di Utilitalia, in Europa vengono trattati nei depuratori più di 40 miliardi di metri cubi di acque reflue, ma di questi ne vengono riusati soltanto 964 milioni. In Italia sono tanti gli impianti di depurazione, ma molti di essi non hanno tecnologie in grado di svolgere funzioni come il trasporto dell'acqua depurata ai vari siti agricoli. “Il ministero della Transizione ecologica ha proposto nel Pnrr un ottimo piano per quanto riguarda la gestione delle risorse idriche. Ora però bisogna velocizzare il lavoro per essere più preparati in futuro", dice Colarullo.
Per ridurre le conseguenze della siccità, l'altro fronte è intervenire sui consumi. Utilitalia ha analizzato che in Italia il consumo pro capite di acqua potabile rimane elevato, attestato (nel 2018 da Istat) a 215 litri per abitante al giorno, contro una media europea di 125 litri. Nei comuni capoluogo e nelle città metropolitane il dato sale ulteriormente a 236 litri. "Sicuramente il lavoro dev'essere svolto anche dai cittadini, che possono risparmiare l'acqua in vari modi come ad esempio avvitare un 'frangigetto' al rubinetto, cioè un miscelatore acqua/aria che consente un risparmio 6-8 mila litri anno", continua Colarullo: "Strutture solide e tenologie avanzate, investimenti statali e una maggiore sensibilizzazione civile possono garantire la sicurezza idrica oggi in crisi".