Foto Ansa / Cesare Abbate

sbattuti al fresco?

L'estate torrida delle carceri italiane

Enrico Cicchetti

Nei penitenziari italiane c'è più caldo che mai. Mancanza d'acqua o razionamenti, pochi ventilatori (e non tutti se li possono permettere), niente docce e celle con le finestre schermate. E poi c'è "il solito" sovraffollamento. Il rapporto di metà anno dell'associazione Antigone

Il fatto che in carcere si stia "al fresco" è un luogo comune. Nei penitenziari italiani c'è più caldo che mai e l'estate torrida di quest'anno per i detenuti è una pena supplementare. L'associazione Antigone, che si occupa dei diritti delle persone private della libertà, nel suo nuovo rapporto di metà anno, segnala una situazione critica, non solo per i detenuti ma anche per le loro famiglie e per chi in prigione ci lavora, agenti e operatori. La fotografa attraverso le segnalazioni che arrivano alla onlus e le visite svolte dai suoi osservatori nelle diverse carceri del paese.

   

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"In alcuni istituti penitenziari", segnala Antigone, "l’acqua viene razionata, come ad Augusta, oppure manca del tutto, come a Santa Maria Capua Vetere, che nasce scollegata dalla rete idrica comunale. In questo istituto ai detenuti vengono forniti 4 litri di acqua potabile al giorno mentre per le altre necessità è utilizzabile l’acqua dei pozzi artesiani. Nel 2020 era stata aggiudicata la gara d’appalto e l’impianto idrico comunale è stato completato. Manca solo l’allaccio che deve essere effettuato dal Dap e che si prevede venga completato in autunno".

   

Per combattere il gran caldo il Dap con una recente circolare ha autorizzato l’acquisto dei ventilatori nel sopravvitto, una sorta di negozio interno alla struttura gestito da "imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorità comunale". Gli osservatori di Antigone segnalano di avere trovato ventilatori in ancora troppo pochi istituti. C'è poi il fatto che anche i ventilatori hanno un costo. Sembra una sciocchezza per chi vive fuori, ma all'interno delle prigioni italiane non mancano persone che non possiedono neppure i 30 euro scarsi per acquistarne uno (ai quali andrà poi aggiunto un forfettario per i costi dell'elettricità extra necessaria per farli funzionare). A quanto risulta al Foglio, che ha parlato con un operatore che lavora all'interno del carcere di Rebibbia, alla casa di reclusione su 305 detenuti solo un centinaio se li sono potuti permettere. A inizio luglio il garante dei detenuti di Napoli e quello della Campania ne hanno donati cinquanta ai carcerati nella casa di Reclusione di Aversa e altrettanti a quelli della casa circondariale di Poggioreale. “Sono tanti i detenuti che ci chiedono di far spostare l’ora d’aria nelle ore più fresche – hanno dichiarato i garanti Ciambriello e Ioia – L’ora d’aria dalle 9 alle 11 e dalle 13 alle 15 è come camminare in forni crematori di cemento. Ci vorrebbero fontane e punti doccia almeno. Poi i blindati se chiusi diventano roventi: dovrebbero stare più tempo aperti”. Ci sono inoltre casi come quello di Bolzano, dove nelle celle mancano prese e interruttori e quindi non si possono usare i ventilatori. "Nei corridoi - ha spiegato la garante Elena Dondio ai microfoni della Rai locale - ci sono delle ventole, ma sono vecchie e rumorose e non riescono davvero a dare sollievo. Nelle celle in cui vivono insieme anche sei o sette persone, le condizioni sono insostenibili".

   

A ciò si aggiunge anche il fatto che nel 58 per cento delle celle non ci sia la doccia per cercare un po’ di refrigerio (anche se per il regolamento penitenziario del 2000 prevedeva che ci fossero docce in ogni camera di pernottamento entro il 20 settembre 2005).  In più del 30 per cento delle celle che ospitano donne non c'è il bidet, come previsto dal regolamento. Infine, in poco meno della metà degli istituti (il 44,4 per cento) ci sono celle con schermature alle finestre che impediscono il passaggio di aria. Anche il frigorifero in cella è rarissimo, prosegue Antigone. In alcuni casi è in sezione. Se ora si muore di caldo, tra pochi mesi ci sarà il problema opposto: nel 36 per cento delle celle visitate dagli osservatori della onlus non c'è acqua calda e nel 12 per cento non c'è riscaldamento (o se c'è non funziona).

  

Poi c'è la questione ormai incancrenita del sovraffollamento, che non aiuta di per sé a combattere il caldo. Il tasso di affollamento ufficiale è del 107,7 per cento, secondo i dati del Dap aggiornati al 30 giugno 2022. Quello effettivo (che tiene conto dei 3.665 posti non disponibili - ci sono sezioni chiuse per ristrutturazione - che fanno dunque calare la capienza reale) arriva addirittura al 112 per cento. In 25 istituti si sale oltre il 150 per cento. Dalle visite effettuate in 85 istituti penitenziari negli ultimi 12 mesi, dal luglio 2021 al luglio 2022, gli osservatori dell'associazione hanno rilevato che in quasi un terzo (31 per cento) degli istituti visitati ci sono celle in cui non sono garantiti i tre metri quadri calpestabili per persona.

 

Una possibile soluzione, per quanto parziale, è già stata più volte proposta. Oggi 6.009 detenuti hanno un residuo di pena inferiore ai tre anni. Escluse quelle condannate per reati ostativi, parte di costoro potrebbe accedere a misure alternative, intraprendere cioè percorsi di esecuzione penale esterna. Ciò permetterebbe di arginare in parte il fenomeno dell'affollamento. Anche la custodia cautelare in carcere risulta essere la misura più diffusa (è utilizzata in poco meno del 30 per cento dei casi), rispetto ad altre misure coercitive o interdittive, che per altro la legge 47 del 2015 richiederebbe di privilegiare. 

 

  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti