Giustizia podcast
Dopo “Serial” viene scarcerato un uomo in prigione da due decenni. Gli altri casi
I podcast crime non solo stanno avendo molto successo come prodotti editoriali, ma spingono anche le procure a riapri casi giudiziari e scagionare colpevoli ingiustamente accusati
Nel 1988 uscì il documentario di Errol Morris “La sottile linea blu” incentrato sulla condanna e incarcerazione di Randall Dale Adams per il presunto omicidio di un poliziotto. L’anno successivo, il caso tornò in tribunale e il nuovo processo stabilì che Adams era stato condannato ingiustamente. Venne poi liberato. Con l’esplosione di podcast e doc di true crime sono esponenzialmente aumentate le scoperte di casi di malagiustizia penale.
Nel 2015 “Making a Murderer”, una serie documentaristica di grande successo, ha portato 500 mila persone a firmare due petizioni perché Barack Obama, allora alla presidenza, desse la grazia ai protagonisti della serie, secondo loro accusati e incarcerati ingiustamente. Gli avvocati raccontano che ricevevano ogni giorno decine e decine di mail e telefonate con suggerimenti e possibili indizi per risolvere il caso.
“Who Killed Malcolm X?”, miniserie del 2020, ha fatto riaprire il caso e i due presunti colpevoli dell’assassinio dell’attivista avvenuto nel 1965 sono stati scagionati. Gli autori di queste serie sembrano a volte più preparati o dedicati a scoprire la verità di quanto non lo siano state le squadre di polizia investigativa nel passato, e questo porta molte persone, oltre ad appassionarsi, a desiderare di aiutare in qualche modo. Questi prodotti culturali e d’intrattenimento hanno addirittura fatto ripartire alcune investigazioni sui cold case, quei delitti irrisolti da decenni di cui nessuno si occupava più.
E’ il caso di “The Keepers”, documentario di Netflix sull’omicidio irrisolto della suora Cathy Cesnik avvenuto nel 1969. L’uscita di “The Keepers” ha portato vecchi testimoni a parlare con gli inquirenti – “Ora che il documentario ha tirato fuori così tante informazioni, moltissime persone si sentono a loro agio a parlare, e penso che l’omicidio potrà essere risolto”, aveva detto al New York Post il regista Ryan White.
Tra i prodotti di questa wave di podcast procedurali uno dei più seguiti è stato “Serial”. La prima stagione è incentrata sull’omicidio di Hae Min Lee avvenuto nel 1999 dove erano state riportate diverse incongruenze ed errori nella ricerca del colpevole. Il presunto omicida, Adnan Syed, ha sempre dichiarato la propria innocenza. Ieri è stato liberato dal sistema giudiziario americano dopo aver passato ventitré anni in prigione. Le informazioni raccontate dal podcast avevano nel 2014 riportato il caso alla ribalta, anche agli occhi dei giudici.
Il pubblico ministero non ha ancora deciso se si terrà un nuovo processo o se saranno fatte cadere le accuse. Intervistata dal New York Times la creatrice di “Serial”, Sarah Koenig, è rimasta stupita dalla scelta, perché quello che lo stato del Maryland sta dicendo oggi è quello che per vent’anni hanno detto gli avvocati difensori. “Molte delle argomentazioni sono le stesse: testimonianze inattendibili e prove inattendibili ottenute dal cellulare. La cronologia del delitto non regge. Ma ci sono anche un paio di novità. Quella principale è che lo stato non ha mai consegnato le informazioni relative a un possibile sospettato alternativo. E questa è stata una notizia piuttosto esplosiva”. Non sono stati fatti nomi dei presunti colpevoli ignorati durante il primo processo.
Uno degli elementi della storia che tanto aveva indignato gli ascoltatori del podcast è il fatto che al momento del presunto omicidio Adnan Syed aveva diciassette anni, ma che fosse comunque stato trattato da maggiorenne, prendendosi poi l’ergastolo. Questo è solo uno dei componenti della storia di Syed che secondo Koenig sono sistemici nella giustizia americana. Vanno aggiunti, secondo lei: razzismo, incapacità dei poliziotti di ammettere i propri errori, pubblici ministeri che trattengono le informazioni, lunghissime pene detentive. Il video in cui Syed esce dal tribunale, sorridente, è diventato subito virale.