Milano vuole la pace, ma ricorda gli orrori di Putin
Alla manifestazione in sostegno all'Ucraina aggredita nel capoluogo lombardo non si scorda chi è l'aggredito e chi è l'aggressore. Poi arriva Letizia Moratti e l'attenzione si concentra su di lei
Foto LaPresse
Foto di Jacopo Strapparava
Foto di Jacopo Strapparava
Foto di Jacopo Strapparava
Foto di Jacopo Strapparava
Foto di Jacopo Strapparava
Milano. Venticinque donne, tutte biondissime, sono schierate una dietro l’altra sotto l’Arco della Pace. Una è stata volontaria al fronte (portava vettovaglie), regge una bandiera gialla e blu firmata dai soldati. Una, fotografatissima, ha in testa una corona di fiori bianchi. Un’altra ha un cartello "Putin = Hitler". Stanno in silenzio, serie. Poi, al calar del sole, intonano una canzone.
Oj u luzi cervona kalyna pokxylylalsia, / ciogos nasha Slavna Ucraina zazhurylasia / A myv tuju cervonu kalynu pidijmemo, / A my nascu Slavnu Ukrainu rosveselymo!
Cos’è?
"Una nostra canzone patriottica".
E cosa vuol dire?
"Parla di una pianta rossa che è caduta. Così come la nostra Ucraina. Ma noi la risolleveremo". L’italiano è stentato, il senso è chiarissimo.
Sono le 16 e siamo alla manifestazione del Terzo Polo in sostegno all’Ucraina aggredita. Tanta gente. Tanti giovani. Un signore con il cappello da alpino. Un ucraino con la vyshyvanka (la camicia tradizionale, tutta ricamata), tale Taras, 24 anni, barbone da vichingo, studente di teologia a Roma: "Sono greco-cattolico". Cartelli con scritto Slava Ukraini. Un paio di bandiere dell’Alleanza Atlantica. Qualche tricolore. E tantissimi vessilli gialli e azzurri.
Qualcuno, tra gli italiani presenti, ovviamente fa paragoni con la grande manifestazione per la pace di piazza San Giovanni a Roma, molto più imponente, appoggiata dal Vaticano, dai sindacati, dall’Anpi e da circa 600 associazioni pacifiste, ecologiste, umanitarie, cattoliche e di sinistra (i 5 Stelle ci sono andati, il Pd – che pure ha sempre votato per l’invio di armi a Kiev - è riuscito nel capolavoro di mandare i suoi un po’ di qua un po’ di là. Qui, tutti concordano: "Non dobbiamo cedere". "Non c’è pace senza giustizia". "Il popolo russo ha la coscienza sporca del sangue dei nostri bambini". Un ragazzo giovane, italiano, da dietro gli occhiali da sole, mormora: "Quando ho visto certe facce alla manifestazione di Roma, ho pensato: non posso non venire qui".
I politici arrivano alla spicciolata. Ecco Marco Cappato, che chiede di processare Putin al Tribunale dell’Aja come criminale di guerra. Ecco la senatrice Gelmini. Ecco il senatore Cottarelli. Ecco il senatore Calenda (il Churchill dei Parioli cita il Churchill vero: "Il pacifista è chi continua a dare carne alla tigre sperando che la carne non finisca mai"). Infine, ecco anche Letizia Maria Brichetto Arnaboldi Moratti. Se questa manifestazione fosse un matrimonio, lei sarebbe la sposa. Tutti la cercano, tutti la vogliono. Del resto, con buona pace dei poveri ucraini, che probabilmente non ne sono consapevoli, oggi la notizia è anche lei. Fino a quattro giorni fa era la vice di Attilio Fontana alla regione Lombardia, ora vuole candidarsi contro di lui e sfilargli la poltrona. Se il Pd decidesse di sostenerla, avrebbe fatto tombola (il punto è capire se, veramente, pur di battere Lega e Fratelli d’Italia, il Pd deciderà di sostenerla). I giornalisti presenti scalpitano, vorrebbero strapparle una dichiarazione. Lei si nega. Arriva in ritardo di quaranta minuti, perfetta nel lungo cappotto beige, i capelli con le meches bionde, un vistoso anello azzurro in tinta con gli orecchini azzurri. Rimane a lungo dietro il palco. Ride, scherza, bacia tutti, saluta tutta. Parlotta con l’on. Carfagna. I giornalisti sono un po’ scocciati di non aver cavato fuori nulla.
Ma a ascoltare gli interventi, qualche indizio lo si tira fuori. C’è il senatore Alessandro Alfieri, Pd, ma della corrente di Guerini (quindi atlantista), che quando tocca a lui dice: "Questa è una lotta da fare insieme, centrosinistra e moderati. Per ridare dignità all’Ucraina. E alla Lombardia". E c’è la Moratti stessa che, dal palco, in un discorso che con la guerra ha a che fare solo di striscio, dà un contentino a tutti, Pd ("Le donne in questo Italia sono ancora discriminate"), cattolici ("Come diceva San Giovanni Paolo II…") e destra ("Un popolo senza il suo territorio perde la sua identità"). E che alla fine, con la voce rotta dalla commozione, ricorda il padre, partigiano. "Era liberale, ma collaborava con tutte le formazioni del Cnl. Con tutte. Per opporsi al fascismo". Chi ha orecchie per intendere, eccetera eccetera.