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Roma chiede la pace in Ucraina, ma non è chiaro quale

Alessandro Luna

C'è chi chiede lo stop all'invio delle armi, chi se la prende con Putin, chi dà del fascista ai russi e chi agli ucraini. Applausi per Conte e fischi per Letta

Forse era davvero una “Marcia per la Pace” e basta. Pace in qualsiasi maniera la si declini, con ogni significato che ognuno le può attribuire. Perché, entrando nel merito del come ottenerla, l’iniziativa per la Pace di oggi a Roma era un concentrato delle più disparate e inconciliabili idee.

 

Certo, era maggioritaria la parte che chiedeva lo stop di invio di armi in Ucraina e una sorta di emancipazione dalla Nato, anche qui nelle più varie e disparate forme. Ma è stata anche l‘occasione in cui Enrico Letta e Giuseppe Conte si sono misurati con una piazza di cui entrambi vorrebbero essere il punto di riferimento. E l’esito, per quanto fosse scontato, si è delineato netto: mentre da una parte il leader M5s marciava tra i cori che facevano il suo nome, i selfie e gli apprezzamenti delle persone che lo riconoscevano, dall’altra il segretario Pd e gli esponenti del suo partito camminavano silenziosi a metà del corteo dietro una trentina di italo-ucraini, che sembrava quasi fossero lì per fargli da scudo. E infatti, durante la processione, il gruppo del Partito democratico è stato contestato da alcuni manifestanti, di cui uno reggeva una bandiera dell’Italia con una stella rossa al centro, al grido di “fuori i guerrafondai dal corteo” e “malavitosi di merda”. Al di là dell’episodio, mentre Conte passava dalla stretta di mano con Maurizio Landini a una signora che gli chiedeva di salutare sua mamma in videochiamata e un’altra che gli regalava un mazzo di fiori, il Pd è sfilato in silenzio meditando su cosa da questa partecipatissima manifestazione si potesse imparare.

 

Il dato è che i quasi quarantamila per la Questura, centomila per gli organizzatori, che hanno partecipato oggi chiedono un cambio di passo nella strategia sull’Ucraina. Una discontinuità, a sinistra, con la linea di Mario Draghi, di Giorgia Meloni e di Guido Crosetto, il ministro della Difesa che dovrebbe approvare a breve un nuovo invio di armi a Kyiv e contro cui sono apparsi un buon numero di cartelli e uno striscione.

 

Secondo il dem Francesco Boccia: “Dopo otto mesi di guerra bisogna ripensare la strategia per quanto riguarda le armi, per quanto all’inizio fosse condivisibile e l’abbiamo rivendicata”. Di un’idea simile è anche Brando Benifei, capogruppo Pd al Parlamento europeo che sabato scorso ha riunito gli under30 del partito per compiere una sorta di class action generazionale sul partito: “E’ giusto, a questo punto della guerra, valutare l’invio di armi soltanto se c’è anche un’iniziativa diplomatica europea, con autonomia dalle decisioni degli Stati Uniti. Come Europa è nostro compito trovare il modo di spingere Putin a fermare questo conflitto coinvolgendo il più possibile anche il resto del mondo”. Graziano Delrio preferisce invece non entrare nel merito sulla questione armi: “Questa è una piazza per la pace, questa è la cosa importante”.

 

Certo è una piazza per la pace, ma è difficile capire quale. All’inizio della manifestazione, a venti metri dalle profughe ucraine che chiedevano sostegno e aiuto anche militare per la loro liberazione, c’era un enorme striscione che recitava “Stop invio armi in Ucraina”, e un attivista di Sinistra anticapitalista a un certo punto ha creato non poca confusione in una di loro consegnandole un volantino in cui si chiedeva lo stop delle “politiche neoliberiste e capitaliste del governo di Kyiv”. Da un lato una manifestante che faceva parte di un gruppo di italo-iraniani spiegava che il popolo ucraino e iraniano sono uniti contro un’oppressione, quella russa da un lato e quella khomeinista dall’altra, che non li rappresenta. Dall’altro un signore a capo di un gruppo di italo-curdi protestava contro l'invio di armi in Ucraina. A un certo punto durante il corteo alcuni manifestanti hanno contestato e fischiato un uomo del gruppo degli italo-ucraini che gridava “Via i fascisti russi dall’Ucraina”, un signore di mezz’età ha contestato chi portava uno striscione con scritto “Putin go home”, sostenendo che dire a Putin di ritirarsi non porterà mai a una trattativa.

 

Insomma, la questione ucraina è ancora molto calda e l’unico segnale che si può trarre dalla piazza di oggi è che a sinistra l’elettorato chiede una pace. Qualunque essa sia. Adesso Conte e il Pd dovranno pensare entrambi nei prossimi mesi a come intercettare al meglio questo sentimento, diffuso e confuso, di pace e come vincere l'appoggio dei sindacati che, accorsi in massa da tutta Italia, sono stati quelli che hanno decisamente riempito la piazza e le strade del corteo.

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