Richiesta di indagini
Una ong fa ricorso al tribunale dell'Aja contro la politica europea (e italiana) sui migranti
L'Ecchr si è rivolta alla Corte penale internazionale contro politici e alti funzionari europei, tra cui Matteo Salvini (ministro delle Infrastrutture) e Marco Minniti (ex ministro dell'Interno) accusandoli di intercettazione, respingimento e privazione della libertà personale dei richiedenti asilo.
"Crimini contro l'umanità nei confronti di migranti e rifugiati, intercettati in mare e sistematicamente riportati in Libia". Questa è l'accusa principale, riportata nella denuncia che l'European center for constitutional and human rights (Ecchr), con il contributo dell'ong Sea Watch, ha presentato alla Corte penale internazionale dell'Aja. I destinatari sono esponenti politici e alti funzionari europei (italiani, maltesi e francesi): tra di loro, l'ex ministro dell'Interno, Marco Minniti, Matteo Salvini, attuale ministro alle Infrastrutture, e l'ex Alto rappresentante dell'Ue per gli Affari Esteri, Federica Mogherini. Ma non solo, nella lista dei denunciati dall'ong, composta da giuristi e basata a Berlino, sono presenti anche l'ex direttore esecutivo dell'Agenzia europea Frontex, Fabrice Leggeri, nonché i capi di stato maltesi: Robert Abela, attuale primo ministro, e il suo predecessore, Joseph Muscat.
A muovere l'azione delle ong davanti al tribunale c'è un dossier che tratta dei respingimenti dei migranti in Libia. Ecchr e Sea Watch chiedono perciò di far luce sul "sistema delle intercettazioni in mare dei migranti e sulla esternalizzazione" della gestione dei flussi messa in atto dall'Ue affidandola alla "cosiddetta Guardia costiera libica, fornendo finanziamenti, motovedette, attrezzature e formazione, nonchè partecipando direttamente a singole operazioni, ad esempio fornendo informazioni sulla posizione delle imbarcazioni in pericolo". È quanto Chantal Meloni, avvocata per i diritti umani e consulente dell'ong, spiega all'agenzia di stampa Agi. Oltre al trattamento inumano dei migranti sulle coste libiche, la documentazione raccolta da diverse organizzazioni di soccorso marittimo (prima tra tutte Sea Watch) esaminano dodici casi di "privazione della libertà personale" che si sono originate in mare e metterebbero in luce le responsabilità dirette da parte dei funzionari.
Secondo i rappresentanti delle ong, sarà necessario che "la Corte penale internazionale indaghi sulla collaborazione tra gli operatori europei e libici e assicuri i responsabili alla giustizia". E aggiunge che lo scopo finale consiste nel porre fine a "qualsiasi politica, finanziamento o programma da parte dell'Unione europea e dei suoi stati membri finalizzati a esternalizzare i confini", auspicando che nasca un'operazione sar a livello europeo "a carattere civile" atta al soccorso dei migranti e al loro sbarco in un luogo sicuro.