Cosa c'è da sapere sul caso Iuventa, l'unico che potrebbe portare a processo una ong
Venerdì a Trapani la nuova udienza preliminare. La nave umanitaria è accusata di favoreggiamento di immigrazione illegale. Tutte le inchieste precedenti sui salvataggi in mare non hanno mai dimostrato alcun legame tra volontari e trafficanti
La nuova udienza del procedimento che coinvolge la nave umanitaria Iuventa si terrà il 13 gennaio, venerdì, a Trapani quando il gup dovrà pronunciarsi sul caso. È la prima volta che un procedimento di questo genere giunge alla fase preliminare - tutti gli altri negli anni sono stati archiviati ancora prima. Ma per il momento non c'è alcun rinvio a giudizio.
L'indagine coinvolge 21 persone di Jugend rettet, Save the children e Medici senza frontiere: la presidenza del Consiglio e il ministero dell'Interno hanno chiesto di costituirsi parte civile. L'accusa è di "favoreggiamento di immigrazione illegale", mossa anche da motivi economici. E si riferisce al periodo che va dall'estate del 2016 a quella del 2017.
Per l'accusa, i soccorritori si sarebbero accordati con i trafficanti in Libia per imbarcare migranti; lo avrebbero fatto per "condurre in Italia sempre più persone in modo da mantenere la visibilità mediatica e ricevere più donazioni", si legge su Repubblica, che nel 2021 aveva ottenuto e pubblicato l'informativa che la polizia giudiziaria aveva poi consegnato alla procura di Trapani. Secondo l'European center for constitutional and human rights (Ecchr), però, questo processo sta tentando di criminalizzare la mobilitazione della società civile nel salvataggio delle vite in mare. E, in effetti, la tesi della procura indaga su presupposti in parte già smentiti, teorie più volte dimostratesi infondate - come quella delle ong come fattore attrattivo, pull factor, sui migranti - e modalità standard che riguardano i soccorsi da parte dei volontari. Vale la pena ricordare ancora una volta che tutte le indagini tese a verificare la complicità fra trafficanti e organizzazioni umanitarie non hanno mai portato a nulla di concreto.
L'avvocato difensore della Jugend rettet, negli scorsi mesi, ha sostenuto la natura "politica" del processo, volto a giudicare la condotta delle navi umanitarie - intenzione esplicitata per decreto anche dal governo Meloni - e la legittimità, o meno, dei modi in cui in questi anni hanno prestato soccorso ai naufraghi nel Mediterraneo centrale. Inoltre, nelle carte si fa riferimento al pull factor delle ong, a cui si appella con costanza anche l'attuale ministro dell'Interno Matteo Piantedosi. Ma la teoria per la quale la presenza delle imbarcazioni di salvataggio spingerebbe i richiedenti asilo a mettersi in viaggio è stata già più volte smentita attraverso studi e ricerche. In più, come scrive anche il Post, già nel 2018 un'inchiesta di Forensic Architecture dell'Università di Londra ha confutato alcune foto della polizia italiana mostrando che il 18 giugno 2017 l'equipaggio della Iuventa (di Jugend rettet) non riconsegnò mai le barche ai trafficanti di esseri umani.
In questi giorni il nuovo governo italiano si sta muovendo per regolamentare, e di fatto limitare, il lavoro delle navi ong e Giorgia Meloni sta lavorando per trovare anche in Europa una sponda per la sua politica migratoria - di cui i richiami al blocco navale, nelle varie definizioni che ne ha dato la premier, rappresentano un esempio.