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Il commento

Meno gogna, più "Posto al Sole". Elogio dell'eroica fiction della Rai contro gli abusi del MeToo

Claudio Cerasa

La Francia ha avuto Catherine Deneuve, noi abbiamo gli sceneggiatori di una serie storica. In Italia si mostra in prima serata l'oscenità di considerare un maschio predatore fino a prova contraria. Il coraggio di denunciare la condanna mediatica

Meno gogna, più “Posto al Sole”. Siamo abituati ormai a vivere da anni in una bolla mediatica all’interno della quale ogni accusa diventa una condanna, ogni sospetto diventa una sentenza e ogni testimonianza diventa una verità. E siamo abituati ormai da alcuni anni a vivere in una bolla della bolla all’interno della quale le pazzie del circo mediatico-giudiziario si amplificano ancora di più quando la cultura del sospetto si fonde in modo distruttivo con le derive generate dalla cultura del MeToo. Siamo abituati ormai da anni a vivere in un mondo in cui la presunzione di innocenza vale meno di un gargarismo e all’interno di quel mondo ci siamo rassegnati a fare i conti con un amalgama tossico fatto di processi sommari, gogne sistematiche e colpevolezza fino a prova contraria.

 

La stagione del MeToo, iniziata nell’ottobre del 2017, ha permesso a moltissime donne, in giro per il mondo, di trovare il coraggio di denunciare gli abusi subiti, sul posto di lavoro, e trovare il coraggio di reagire, di fronte a un abuso subìto, è un atto importante, meritorio, a volte persino eroico. Dal 2017 a oggi però il MeToo ha rappresentato anche altro e ha contribuito a mostrare al mondo anche cosa vuol dire maneggiare in modo molto disinvolto accuse non provate la cui sola evocazione genera uno sputtanamento micidiale di fronte al quale non esiste alcuna archiviazione possibile. In Francia, qualche tempo fa, ad ammonire contro le derive del MeToo sono state Catherine Deneuve e Brigitte Bardot, che hanno invitato a porre un freno alla campagna denigratoria contro l’uomo seduttore e dunque predatore.

 

Deneuve, in particolare, nel 2018 ha firmato, con altre cento donne, un appello per ricordare che lo stupro è un crimine, ovvio, ma che la febbre generata dal MeToo ha dato vita, sulla stampa e sui social network, a una campagna di delazioni e di messa in stato di accusa pubblica di alcuni individui ai quali non è stata lasciata la possibilità né di rispondere né di difendersi dalle accuse, mossi dalla logica che dinanzi al maschio predatore non servano garanzie ma servano solo condanne mediatiche. Cinque anni dopo gli appelli francesi, anche l’Italia, negli stessi giorni in cui il MeToo promette di tornare di attualità grazie alle denunce portate avanti da alcune attrici italiane, ha in un certo senso un suo momento Deneuve grazie a una scelta molto coraggiosa, eroica, fatta da una delle serie tv più popolari d’Italia, che ha scelto di denunciare, con la forza che può avere una fiction, l’oscenità delle campagne costruite sulla base della presunzione di colpevolezza.

 

La fiction in questione è “Un Posto al Sole”, va in onda sui Rai 3 ogni sera dal 1996 dalle 20.45 alle 21.15, l’attuale amministratore delegato Carlo Fuortes si è quasi schiantato quando ha provato a cambiarle orario, e qualche giorno fa, in una sorprendente puntata in cui gli sceneggiatori hanno scelto di non far morire di pizzichi i telespettatori ormai assuefatti da settimane da trame più noiose di un congresso del Pd, ecco la svolta, ecco la zampata, ecco il momento Deneuve.

 

Una ragazza di diciotto anni, Alice, racconta alla nonna di essere scampata a un brutale tentativo di  violenza sessuale. L’autore della violenza si chiama Nunzio, ragazzo fidanzato con cui Alice ha avuto una storia, e Alice mostra alcuni lividi sui polsi come prova della brutalità del suo amante. La versione di Alice però cozza con quello che, tra un pizzico e l’altro, hanno visto i telespettatori, che sanno invece come sono andate le cose e sanno che Alice non ha subìto nessuna violenza ma è stata semplicemente respinta in modo brusco da Nunzio, pentito di aver tradito la sua fidanzata. L’effetto è clamoroso: una fiction in prima serata che mette in mostra l’oscenità della gogna, gogna che ti porta a non essere creduto neppure dai tuoi famigliari, e che prova a ricordare cosa si rischia a considerare un maschio predatore fino a prova contraria. Il coraggio di denunciare gli abusi subiti è encomiabile, ma il coraggio di denunciare gli abusi del circo mediatico non lo è da meno. Godiamoci, in prima serata, il nostro momento Deneuve.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.