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Il momento dell'arresto di Messina Denaro
Le immagini della cattura del super latitante, considerato il capo di Cosa Nostra, nella clinica La Maddalena di Palermo. In manette anche Giovanni Luppino, l'autista del boss
L'arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro è avvenuto questa mattina alla clinica "Maddalena" a Palermo, dove era in cura dallo scorso maggio. L'operazione sarebbe dunque il frutto di lunghe indagini, culminate tre giorni fa nella notizia che alle 8 di lunedì 16 gennaio il boss, che utilizzava documenti falsi a nome di Andrea Bonafede (identità già emersa da alcune indagini), aveva un appuntamento per sottoporsi a delle cure oncologiche. Messina Denaro, considerato il capo di Cosa Nostra, è stato prelevato dai Ros e non ha opposto resistenza all’arresto. Ai carabinieri che lo hanno avvicinato e gli hanno chiesto proprio: "Lei è il signor Bonafede?", l'ultimo dei Corleonesi avrebbe risposto solo: "No, sono Matteo Messina Denaro"
Messina Denaro non era solo alla "Maddalanea". Con lui c’era anche Giovanni Luppino, di Campobello di Mazara: è ritenuto uno dei fiancheggiatori, sarebbe l’uomo che avrebbe accompagnato il boss alla clinica per le terapie. Commerciante di olive, agricoltore di mestiere, incensurato. Luppino, che avrebbe fatto da autista al boss, ha tentato di scappare ed è stato catturato in un bar a poche centinaia di metri dalla clinica.
Da qualche tempo Luppino gestiva, insieme ai figli, un centro per l'ammasso delle olive cultivar Nocellara del Belìce proprio alla periferia di Campobello di Mazara. La sua funzione, riporta il Messaggero, era quello di intermediario tra i produttori e i grossi acquirenti che, in zona, arrivano dalla Campania.
Proprio a Campobello i carabinieri hanno perquisito anche la casa di Salvatore Messina Denaro, fratello del super latitante. I Luppino sono considerati il braccio operativo del boss. Nove anni fa, nel 2014, un maxisequestro colpì le attvità economiche dei Luppino nel ramo della energia eolica, settore considerato cruciale nelle attività imprenditoriali di Messina Denaro, quello che gli forniva flussi costanti di denaro necessari per la sua latitanza. Il sequestro del 2014 colpì un cugino del ricercato, Mario Messina Denaro, e il capocosca di Mazara, Francesco Luppino, stretto familiare di Giovanni. A garantire la latitanza di Messina Denaro erano dunque gli uomini storici della consorteria mafiosa del Trapanese. Ma gli stessi uomini che erano incaricati sugli affari imprenditoriali si occupavano dunque della sua sicurezza: una violazione delle regole di comportamento del latitante, forse resa inevitabile dalla progressiva riduzione della rete di appoggio.
Altri particolari saranno rivelati in una conferenza stampa che si terrà oggi alle 17.