Paralogismi della climatologia pura
Il problema non è la pioggia, ma come la accogliamo in terra
Ricorrere al meteo per denunciare il clima, fare delle precipitazioni un fenomeno estremo: sono ragionamenti fallaci con l’apparenza di verità, compagni di previsioni simili a un aforisma di Totò, ma nel pieno di una tragedia vera
Se ci afferriamo alla Treccani, non per imitare il pur bravo Lollobrigida, vediamo che il paralogismo è un ragionamento fallace con l’apparenza di verità, distante nella sua fonte puramente razionale da un solido rapporto con l’esperienza. Dunque Kant oggi scriverebbe “i paralogismi della climatologia pura”, come un capitolo della sua maggiore Critica, quella epistemologica.
Ieri mattina, essendo un masochista Ztl, preoccupato come tutti per le notizie tremende dalla Romagna, come sempre ho prestato orecchio sull’amata Radio3 a Pietro Del Soldà, eminente anchor del correttismo politico assoluto, inemendabile, sebbene dopo segnalazione qui abbia smesso di dire ogni due per tre “davvero”, grazie davvero, bravo davvero, vero davvero, ricalcando in un italiano emozionale improbabile il celebre e freddo “indeed” di cortesia degli anglosassoni. C’era Luca Mercalli che ha detto: pioverà anche a monte, cioè in Piemonte, dunque la “megasiccità calda” di cui Luca scriveva appena ieri catastroficamente e cataclimaticamente sarà corretta con irrorazione di H2O, e Dio voglia che non sia eccessiva, viste le luttuose conseguenze per l’amata Romagna delle alluvioni in corso. Poi Mercalli ha aggiunto con aria scientificamente rassicurante: però sarà un’estate calda. Che sorpresa, questi modelli predittivi del clima sembrano sempre più geniali aforismi di Totò, non fosse che li ascoltiamo nel pieno di una tragedia vera.
Il primo paralogismo della climatologia pura è la famosa differenza tra meteo e clima. Il meteo è il tempo che fa, il tempo di ieri di oggi e la previsione di un giorno o due o tre su quello che farà. Esperienza appena corretta da archivio e sensibilità per le alte e le basse pressioni misurabili nel breve.
Il clima è il tempo astratto delle medie ponderate, delle serie storiche, metastoriche, dei modelli di interpretazione e guida dei fenomeni naturali, degli algoritmi, delle istituzioni di ricerca e mediatiche proporzionalmente più floride e rilevanti se capaci di anticipare un cicinin la fine del mondo conosciuto, è la casa che brucia, il ghiaccio sciolto, il mare impetuoso che travolge la terra, il soffocamento dell’atmosfera sotto il peso delle emissioni antropologicamente generate, l’estinzione e la ribellione, l’ultima generazione conosciuta e riverniciante, la scomoda verità. Non c’è gara paralogistica che tenga, se per denunciare il clima ricorri al meteo, l’estate infatti sarà calda, la pioggia è stata torrenziale, sei nel giusto affermativo della religione postmoderna, se invece usi il meteo di questo maggio qui per sconfessare le previsioni del gennaio o del luglio precedente sei un negazionista, un barbaro, un antiscientifico. Ma sempre il meteo viene usato e abusato, da creduloni e increduli. Non è che i climatologi non usino il meteo, è che lo usano paralogisticamente, a modo loro, a prescindere dell’esperienza, da quei virtuosi della ragione pura incontaminata che sono.
Il secondo paralogismo è quello dei fenomeni estremi. Le alluvioni purtroppo sono una consuetudine da quando clima e meteo si rincorrono nel mondo. Ma ora sono fenomeni estremi causati dal riscaldamento globale, anche nella forma di un freddo locale. Come ci si districa, come si discute con affermazionisti di codesta fatta? Il problema, si direbbe senza paralogismi, non è la pioggia, che a volte è traditrice e infligge situazioni drammatiche come quelle di Cesena, Faenza e altri luoghi oggi infestati dall’acqua, ma come la accogliamo in terra, con quali argini, con quali coltivazioni e cementificazioni, con quale protezione civile diffusa. Ora nel paralogismo della climatologia pura la pioggia è una bomba d’acqua, un fenomeno estremo provocato dal malgoverno naturale dell’uomo, siamo memori tutti della banale saggezza proverbiale: “Piove, governo ladro”. Per quel pazzo savio di Franco Prodi invece “il temporale resta un fenomeno meteorologico meraviglioso”, anche se nelle forme conosciute da decenni o stabilendo nuovi record di piovosità quel fenomeno si replica maligno a danno delle popolazioni dell’umile Italia appenninica. Può bene essere che le due circostanze, pioggia e corruzione, siano vere, ma la connessione razionale paralogistica che prescinde dall’esperienza rischia di cadere nel ragionamento fallace con apparenza di verità. E non è una consolazione per cittadini e agricoltori colpiti.