retorica apocalittica
Dopo l'alluvione, ecco le sentenze affrettate buone solo per qualche show
Prima di azzardare ipotesi sbagliate bisogna studiare la geografia. È il classico fenomeno della saturazione dei terreni ad aver favorito gli allagamenti in Emilia Romagna: la siccità non c’entra
Abbiamo una spiccata tendenza alla patologia e di contro un minore interesse per la fisiologia. Preferiamo commentare le cose a danno fatto, magari per fare lo show e prendercela con qualcuno. Siamo, invece, meno interessati alla fisiologia. Sapere come funziona un sistema non così eccitante, nemmeno spendibile. Tuttavia, come si può notare, spesso è proprio la nostra ignoranza del funzionamento di un sistema a produrre il danno. In casi tristi e dolorosi come l’alluvione in Emilia-Romagna, questa tendenza alla patologia salta agli occhi. Si leggono parecchi commenti incorniciati da titoli non molto precisi, ragionamenti per sentito dire, uniti poi alla tendenza di trovare il colpevole. Eppure, i fisiologi hanno spiegato tutto e da molto tempo. A cominciare dal fatto che la Pianura Padana, come si leggeva in quei bei e dimenticati libri di geografia è di origine alluvionale. Si è formata in secoli e secoli per mano delle alluvioni che le due infinite maestà, che fanno quello che gli pare, il Tempo e il Caos hanno creato.
Per passare alla caratteristica grana del terreno alluvionale padano, una continua successione di argilla e limo e sabbia, e sappiamo che l’argilla in determinate condizioni è un elemento impermeabile, altro che waterproof di ultima generazione. Ha piovuto tanto, in collina si sono raggiunte punte altissime di precipitazioni. Non dimentichiamoci della dorsale, l’Appennino. Questa acqua dai rilievi è scesa ed è andata a ingrossare le decine di fiumi che scorrono nel fondovalle. Gli argini non hanno tenuto, poi si indagherà perché, se è colpa degli istrici che fanno tane molto grandi o della cattiva manutenzione. Ma alla base di questa alluvione c’è il classico fenomeno della saturazione dei terreni. La siccità non c’entra. Vero, il regime siccitoso ha messo a dura prova e prosciugato le riserve idriche di Piemonte Lombardia e parte del Friuli (a fine aprile si registrava ancora meno 52 per cento dell’apporto idrico). Ma in questo caso l’Emilia non ha patito la siccità, anzi se andiamo a vedere i dati di fine aprile 2023, il recupero del bilancio idrico era completo, in qualche caso c’era più acqua della media. E infatti, i terreni erano già saturi, per via delle piogge di dieci giorni fa, le argille hanno aggravato la situazione, nessun detto è utile a spiegare cosa è successo come il vecchio adagio: piove sempre sul bagnato. Molti comuni colpiti poi, se guardate la cartina geografica, sono situati proprio sotto la dorsale. Del resto, per tutte queste ragioni, l’Emilia e la zona della Pianura Padana sono aree a elevata pericolosità idraulica, anche perché vi è un elevato numero di edifici. Al contrario, nel sud Italia e nelle isole la percentuale di edifici esposti al rischio idraulico è bassa.
Seguendo i dati Istat, si osserva che la densità dell’edificato risulta maggiore in Veneto, nelle zone costiere della Liguria, Marche, Emilia-Romagna, Abruzzo e della Puglia ionica. Ancora non sono chiari gli indici di vulnerabilità, o meglio non sono così precisi, perché se una popolazione è vulnerabile o meno dipende da molti fattori, ma si sta lavorando in tal senso: insomma la mappatura è in atto da tempo. Quindi per quanto riguarda la fisiologia siamo sul pezzo. Ora, il passo successivo sarebbe leggere la cartella clinica, diciamo così, e proporre delle soluzioni. Anche queste sono note, per esempio che ci sia siccità o meno (molto difficile prevedere il meteo da qui a tre giorni, pensate da qui all’estate), sarebbe davvero utile costruire bacini di raccolta o realizzare gli argini in altro modo e soprattutto dare una bella sistemata alla rete idrica: fa acqua. Il timore di questa separazione di saperi, tra fisiologi e patologi, è che quando si avanzeranno proposte di grandi opere per la raccolta delle acque o altre opere utili, qualcuno di noi invece di leggere i dati comincerà a usare a spron battuto la retorica dell’apocalisse, indicherà qualche colpevole, l’uomo ovviamente, e alla fine si reciterà il classico rosario di no.