Il lutto
Ricordo con amore di Giorgio Ferrara
La sera al teatro veneto. Il pomeriggio russo. Il giorno da mozzo di mare. Un ricordo del regista, scomparso ieri a 76 anni
Ai giardini della Biennale di Architettura incrocio l’ottimo Presidente Roberto Cicutto che ricorda Giorgio Ferrara, scomparso ieri, a 76 anni, alla sua prima regia cinematografica: “Era mezzo secolo fa, 'Un cuore semplice' con Adriana Asti e Joe Dallessandro. Era anche per me il primo film, facevo il segretario di produzione, come il mozzo di una nave”. E Giorgio come era? “Perfetto, come se non avesse fatto altro”. Vinse un David di Donatello e un Nastro d’argento. Giorgio era sempre come non avesse fatto altro. Negli anni 70 siamo stati più volte a Mosca e Leningrado (anni 70!) e prima che minimamente si parlasse di Zelig, avatar, metaversi vari, Giorgio come scendeva dall’aereo diventava perfettamente russo. Parlava russo fluentemente, si muoveva come si muovevano i russi (militarmente, anche senza divise), beveva e brindava per ore come se fosse russo. Abbiamo scritto assieme copioni ambiziosi che ci hanno tirato dietro. Credo per mia colpa. Mi è successo anche con Missiroli e Ronconi. Ho sempre avuto grandi consensi con le puttanate. Ma Giorgio non si scomponeva. Quando venne chiamato quale ambasciatore a Parigi della cultura italiana trasformò gli uffici in un teatro senza scomporsi. Divenne il teatro degli italiani. Resuscitò il festival di Spoleto con la stessa disinvoltura di Altri con Lazzaro.
C’eravamo tanto… persi per alcuni anni. Ma appena Giuliano me lo fece ritrovare, lo vedo arrivare poco dopo a Venezia come direttore artistico del Teatro Veneto. Dopo 48 ore aveva preso tutti i vizi dei veneziani. Sembrava non avesse fatto altro. La città e gli amministratori si aspettavano una simpatica nuova versione delle “baruffe chiozzotte” e Giorgio portò Bob Wilson. Quella sera una lunga fila occupava tutta la calle prima dell’ingresso al teatro. L’età media degli spettatori passò da 75 a meno di 40. Il teatro Veneto entrò nella categoria dei teatri nazionali presso il ministero. Abitava in una bella casa in Campo Santa Maria Formosa e sembrava non avesse mai abitato altrove. La sera prendevamo un paio di Martini facendo grandi progetti veneziani mentre Adriana alzava gli occhi al cielo e pensava a via delle Carrozze. Con Cacciari immaginava un’opera su Santa Teresa e lo portò sul palcoscenico per tre serate sul teatro austriaco. Era persino disposto a sostituire il Martini con lo Spritz in compagnia dei nuovi amici veneziani, quando partì per un fine settimana a Roma. Né lui né Adriana misero più piede a Venezia. Quando si dimise da direttore artistico, il presidente del teatro veneziano, per non perderlo, gli chiese di rimanere come suo consulente. L’ho rivisto di recente a Roma accudito da Giuliano e Adriana, sommerso da un amore profondo e tangibile. Come se non avesse mai vissuto diversamente.
Un amore profondo e tangibile. Come il nostro per Giorgio. Come il nostro per Giuliano. Un abbraccio forte, infinito, a Giuliano, Adriana e Selma da tutta la famiglia del Foglio.
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