Ricordi in libertà
Un tentativo di rivoluzione liberale
L’Italia e l'arte del necrologio, un paese di personalità scomode e “fuori dal coro”, di gente che celebra i protagonisti delle rivoluzioni soltanto dopo morti
Dunque non era immortale. Spiace, perché un precedente serve sempre, ci sarebbe stata speranza anche per noi. Pur avendo raccontato molte meno barzellette su San Pietro e quel che succede lassù – le altre barzellette, una signora non è tenuta a saperle. Sono momenti difficili. Viene a mancare il bersaglio mobile che ha tenuto in piedi la sinistra tutta, più qualche giornale nato e cresciuto in questi anni: le critiche e gli attacchi procurano più lettori delle agiografie. Ora però è il momento delle lodi, i nemici faranno a gara con gli amici. L’arte del necrologio è in Italia parecchio praticata, e siamo il paese della retorica. A occhio, dovrebbero superare in metratura, numero di pagine, e giornate in cui non si parlava d’altro, i commiati scritti per la morte dell’avvocato Agnelli – di cui ricordiamo un dettaglio soprattutto, messo nella lista delle grandi qualità: “Si annoiava” (allora ci potrebbe essere speranza anche per noi).
Le automobili hanno cambiato l’Italia. La televisione commerciale altrettanto. Se no saremmo ancora qui con Carosello: i soldi sono lo sterco del diavolo, e subito dopo – quando si parla di corruzione delle coscienze – viene la pubblicità televisiva. Non avremmo mai avuto “Drive In”, che a partire da Giorgio Faletti (poi diventato romanziere, nessuno è perfetto) ha sfornato più comici di “Zelig”. Cinema e soprattutto editoria hanno richiesto più fatica: il salotto buono come certe signore richiede lunghi corteggiamenti. La rivoluzione liberale non è riuscita, forse nemmeno cominciata. Ma si sa che l’Italia è un caso a parte, qualcuno ha provato a sostenere che neppure il sistema elettorale maggioritario le si addice. Un paese di personalità scomode e “fuori dal coro”, di gente che celebra i protagonisti delle rivoluzioni soltanto dopo morti. A parte gli adepti, naturalmente. Che hanno fatto la loro parte per rendere la parola “berlusconiano” qualcosa che ricorda più il circo della politica.