L'equilibrio e la serenità di Flavia Franzoni. Un ricordo
L’incontro della liceale con Romano Prodi e la vita intera con lui. La fede, il lavoro, la discrezione
Caro Claudio, mi chiedi di parlare di Flavia, in questo momento nel quale siamo ancora storditi per una perdita così improvvisa, per un passaggio, così letteralmente vissuto, da una viva presenza a un “perir dalla terra, e venir meno ad ogni usata, amante compagnia”. Subito volevo risponderti di no, che non me la sentivo proprio. Poi ho pensato: perché non provare a comunicare anche agli altri, qualsiasi sia l’età del lettore, la freschezza di quegli anni nei quali Flavia e Romano si sono incontrati? E poi anche richiamare quel raro esempio di creatività di coppia, con graduale passaggio da un affettuoso tutoraggio, garantito da una differenza d’età che in giovane età conta assai, verso una pariteticità autentica di aiuto reciproco nello scorrere di una vita, che trasformava Romano da brillante giovane professore di economia a statista di livello mondiale, chiamato, dal mio parziale punto di vista, a risolvere questioni che riguardano l’intera umanità.
Devi pensare a cosa era la Reggio della fine anni 50, inizio 60, a un mondo cattolico vivacissimo, permeabile e comunicante a tutti i livelli, dalle parrocchie all’associazionismo universitario, ai circolo dei laureati cattolici, pieno di fervorose iniziative, aperto alla politica nella sua vocazione più alta di cooperazione al bene comune, e nella tradizione di una città che ha visto lotte politiche forti sulla scia di una guerra civile lacerante. C’erano grandi figure di educatori sacerdoti, in una Reggio che ha avuto “quasi santi” come don Dino Torreggiani, don Prandi, don “Pippo” Dossetti. Una Chiesa che considerava proprio compito anche l’educazione dei giovani ai sentimenti, nella quale la parola pudore non era totalmente scomparsa dal vocabolario. Una Reggio nella quale il giovane “don Camillo” Ruini, ora cardinale, ci teneva conversazioni su Karl Rahner e Hans Küng, e fu lui a celebrare il matrimonio di Romano e Flavia.
Devi pensare a San Pietro, una delle parrocchie del centro, nella quale si cresceva certo separati ragazzi e ragazze ma nella quale a noi un po’ più grandi venivano a volte richiesti, dalle formatrici delle ragazze, piccoli seminari e contributi a discussioni su vari temi, sia religiosi che posti dalla società civile. Romano era molto richiesto, e anch’io facevo il possibile per parlare a questi incontri. Tu sai che io e Romano siamo cresciuti assieme, con soli due anni di differenza, io più giovane ma ultimi, noi due, nella sequenza dei nove, sette fratelli e due sorelle. Ricordo ancora quel gruppetto di incantevoli ragazze che entravano nella giovinezza, i loro nomi: Ivana, Maria, Gabriella… e Flavia, mora dai grandi occhi.
Negli anni in cui si innamorarono, Flavia finiva il liceo e Romano, già laureato alla Cattolica, aveva completato gli studi giuridici con quelli di economia alla London School of Economics. Allora Romano guidò le scelte di Flavia della facoltà università, ma ciò che poi è seguito era già scritto tutto in quegli anni. Della crescita di Flavia nello studio della dinamica della società, nei problemi del welfare, nelle problemi dell’allora nascente terzo settore che già allora vedeva la luce, hanno parlato altri in questi giorni, una crescita che sarebbe sfociata nella docenza universitaria e nelle scuole di formazione delle assistenti sociali.
Vorrei sottolineare invece l’apporto che via via si mosse nell’altra direzione, da Flavia a Romano, nella disamina dei problemi che la crescita del paese poneva, mano a mano che aumentavano le responsabilità stesse di Romano nella vita del paese. E qui si avvertivano l’equilibrio e la serenità di Flavia nello scomporre ogni problema nelle sue sfaccettature, nel suggerire punti di vista diversi, e soluzioni, in uno scambio continuo. Quindi un apporto discreto ma importantissimo, mai riducibile a un ruolo da first lady, che le era del tutto estraneo.
Le stesse doti personali mostrava sul piano della famiglia: la sua, con figli e nipoti, e quella “grande” di noi fratelli, figli nipoti e pronipoti, nei troppo brevi ma importantissimi soggiorni estivi a Bebbio. Equilibrio, apertura verso il nuovo, verso le problematiche delle nuove generazioni. Una conseguenza naturale di quella educazione cattolica e di quella fede vissuta nella condivisione dei problemi degli altri, che era già in nuce in quegli anni giovanili che ho ricordato. I consigli di Flavia ai giovani nipoti e nipotine non sono mai mancati.
Pochi giorni fa io e Laura eravamo in visita a mia sorella Fosca che abita nell’appartamento sottostante a Flavia e Romano. Flavia è scesa con noi e ci parlava del cammino che avrebbe fatto, verso Assisi, organizzato in modo che non fosse faticoso per lei, che viveva i problemi al cuore – che sapeva di avere – con serena accettazione. Ci parlava dei bei momenti che avrebbe vissuto con Romano e gli amici, come in altre analoghe occasioni. Ci ha lasciato così, in cammino.