rifiuti capitali
Il termovalorizzatore a Roma in nome dell'interesse collettivo
Alla fine di luglio, il Tar ha emanato due sentenze: con la prima ha respinto, nel merito, tutti i ricorsi; con la seconda, ha spiegato perché non occorre chiedere l’intervento della Corte costituzionale e della Corte di giustizia dell’Ue
Un anno fa, l’azione del governo Draghi si è interrotta per la divisione nella maggioranza circa la realizzazione del termovalorizzatore per lo smaltimento dei rifiuti a Roma. La disputa si è trasferita dalle aule parlamentari a quelle comunali e a quelle giudiziarie. Le autorità comunali hanno individuato l’area dove costruire un termovalorizzatore simile a quello di Copenaghen, con una potenza complessiva di 600 mila tonnellate di rifiuti l’anno, ma le loro decisioni sono state contestate da vari comitati e associazioni dinanzi al Tar Lazio. Alla fine di luglio, il Tar ha emanato due sentenze: con la prima ha respinto, nel merito, tutti i ricorsi; con la seconda, ha spiegato perché non occorre chiedere l’intervento della Corte costituzionale e della Corte di giustizia dell’Ue.
Da queste sentenze si possono trarre due importanti indicazioni relativamente a un contenzioso che presenta rilievo per le finanze pubbliche, visto che attualmente notevoli quantità di rifiuti sono trasferite all’estero, con ingenti costi. La prima indicazione riguarda i poteri conferiti al sindaco di Roma come commissario straordinario in vista del Giubileo del 2025. Secondo il Tar, non solo quei poteri sono giustificati dall’evento, che comporterà un maggiore afflusso di persone, ma essi non alterano le competenze regionali. E’ significativo, d’altronde, che non vi sia stata alcuna contestazione da parte della Regione Lazio. La seconda indicazione concerne il vero nodo del contendere, cioè la realizzazione del “termovalorizzatore, un impianto di incenerimento con recupero di energia”. Le associazioni ambientaliste hanno contestato l’inutilità e la dannosità dell’impianto, anche con riferimento agli obiettivi europei. Il Tar, però, ha sottolineato la necessità di limitare il conferimento dei rifiuti in discarica (per quella di Malagrotta, sta per essere avviata la bonifica) e di garantire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza. Ha ricordato che la Corte di giustizia ha già escluso che le disposizioni dell’Ue ostino alla realizzazione di impianti di incenerimento dei rifiuti. Gli stati membri dispongono, insomma, di un significativo margine di discrezionalità e possono quindi fare le scelte che reputano appropriate per la società tutta.
Proprio perché si tratta di scelte assai rilevanti, un’ulteriore questione va considerata in attesa della pronuncia del Consiglio di Stato, cui i ricorrenti hanno già annunciato di volersi rivolgere. La realizzazione di infrastrutture, soprattutto quelle riguardanti i rifiuti, richiede un bilanciamento tra gli interessi in gioco. Anche il recente riconoscimento del rilievo costituzionale dell’ambiente non impedisce alle istituzioni pubbliche di prendersi cura di altri interessi collettivi. Per esempio, in un caso precedente riguardante la Toscana, il Consiglio di Stato ha osservato che l’impatto negativo di una nuova opera può essere significativamente ridotto, anche annullato, se la sua realizzazione è accompagnata da opportune misure di riqualificazione. Le autorità comunali devono, quindi, dar prova di aver previsto adeguati interventi di mitigazione dei rischi e illustrarli alla comunità locale.