Il caso
L'aggressione al medico Le Foche conferma l'inutilità del panpenalismo e i danni della logica dell'uno vale uno
Il noto immunologo pestato da un paziente nel suo studio e ricoverato in codice rosso. Il ministro della Salute Schillaci: "Sconcertati e basiti". Nel 2020 le pene per chi aggredisce medici sono state aumentate fino a 16 anni
L’immunologo Francesco Le Foche, 65 anni, responsabile di un reparto di immunoinfettivologia al Policlinico Umberto I, si trova ricoverato da giovedì sera proprio nello stesso ospedale romano in terapia intensiva dopo essere stato selvaggiamente aggredito da un suo paziente di 36 anni con precedenti penali, nel suo studio di via Po. Le Foche, riconosciuto specialista in allergologia e immunologia clinica, ha acquisito una certa notorietà anche tra il grande pubblico durante i mesi della pandemia di Covid-19, ospite frequente di diversi programmi televisivi.
Secondo quanto ricostruito dalla polizia, che ha fermato l’aggressore con l’accusa di tentato omicidio, il paziente – forse affetto da disturbi psichiatrici – contestava all’immunologo di avere sbagliato diagnosi e cura della infezione alla colonna vertebrale di cui era convito di essere affetto. Sull’onda di un raptus di violenza, l’uomo ha aggredito Le Foche colpendolo ripetutamente al volto e alla testa.
Lo specialista è stato trasportato in ospedale in codice rosso: i medici dell'Umberto I gli hanno riscontrato un trauma facciale, con diverse fratture sia al setto nasale che all'orbita oculare sinistra. Le sue condizioni sono definite dai sanitari “critiche” ma non è in pericolo di vita. Nei prossimi giorni, appena le condizioni cliniche lo consentiranno, sarà sottoposto a intervento chirurgico.
Il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha espresso solidarietà all’immunologo. “L'episodio di violenza lascia sconcertati e basiti - ha affermato il ministro -. In quest'anno abbiamo previsto misure importanti dirette a presidiare la sicurezza degli operatori sanitari che lavorano nelle strutture del SSN. Ma è evidente che dobbiamo lavorare per promuovere un cambiamento culturale che permetta di riscoprire l’alleanza tra medico e paziente”.
Il pestaggio ai danni di Le Foche si colloca in un contesto caratterizzato da un costante aumento delle aggressioni ai medici. “A Roma il dato sulle aggressioni ai medici purtroppo è costante da tempo, ma nell’ultimo periodo stanno aumentando. Ad oggi sono 74 nel 2023, +60% rispetto al 2022 – ha sottolineato in una nota Antonio Magi, presidente dell'Ordine dei medici e chirurghi di Roma e provincia –. Numeri che mettono in luce una situazione molto seria. Come dimostra anche l'aggressione avvenuta poco tempo ad Ostia”.
A nulla evidentemente è servita l’approvazione nel 2020 di una legge, fortemente voluta dall’allora ministra della Salute Giulia Grillo (M5s), che ha inasprito significativamente pene e sanzioni per chi aggredisce medici o operatori sanitari: pene fino ad addirittura 16 anni di reclusione e sanzioni fino a 5.000 euro. A conferma del fatto che la risposta ai problemi non può essere trovata nella semplice iniziativa sul piano penale.
L’aumento delle aggressioni ai medici sembra essere legato anche al fenomeno – alimentato proprio dalla retorica grillina dell’“uno vale uno” – della svalutazione del ruolo del medico nella società. “Siamo rattristati e indignati perché ora è il tempo del dolore, è il tempo di dire basta. Ma non possiamo eludere un’analisi delle cause che portano a questa escalation di violenza che sembra non finire mai. Perché è dall’analisi dei rischi che si parte per poterli gestire ed eliminare”, ha dichiarato il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli.
"L'origine di questo fenomeno – ha spiegato – è sicuramente multifattoriale ma ha le sue radici in una svalutazione del ruolo del medico, visto come mero prestatore d'opera. E in un fraintendimento del ruolo stesso della medicina, che non può prescindere da un’attenta consapevolezza delle sue potenzialità ma anche dei suoi limiti. Ecco, allora, che il cittadino pretende di vedere realizzate, subito, le sue istanze; non importa se inappropriate o addirittura controproducenti per la sua salute. Pretende di decidere lui diagnosi e terapia e sfoga la rabbia che ha per la sua malattia contro il medico che è lì per assisterlo”.