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IL DOCUMENTO

La carta delle aree idonee per il deposito nucleare è un nuovo test per i Nimby

Jacopo Giliberto

Il ministero ha pubblicato la lista dei luoghi che potrebbero ospitare le scorie radioattive. Ora aspettiamo la reazione dei comitati per il no 

Ecco servito il menù alla carta del Nimby atomico. Oggi il ministero dell’Ambiente ha pubblicato la Carta nazionale delle 51 aree idonee a ospitare il futuro deposito unico nazionale per i rifiuti radioattivi di bassa e media attività. Oggi quei rifiuti, che si producono ogni giorno in decine di luoghi diversi, sono distribuiti in una ventina di depositi atomici dal Piemonte alla Sicilia. Oltre alle 51 località, verranno esaminate candidature di altri comuni non compresi nell’elenco, come aveva tentato di fare mesi fa Trino Vercellese, che già ospita una centrale nucleare spenta dal 1987. Le 51 località sono lotti singoli di terreno individuati in una ventina di comuni dalla Sogin, la società pubblica incaricata di costruire il deposito. Le zone più interessate sono l’area attorno ad Alessandria, le zone del Viterbese attorno ai monti Cimini, in Basilicata spiccano Genzano (Potenza) e la zona costiera tra Montalbano e Bernalda, poi molti terreni sono stati elencati nella Sardegna centrale fra Oristano e l’alto Campidano. Infine zone minori in Puglia (Gravina) e Sicilia (Calatafimi e Trapani).

 

 

I criteri di scelta sono dettati dall’Isin, l’ispettorato sulla sicurezza nucleare che adotta gli standard internazionali, e sono in parte tecnici, come la qualità geologica, e in parte sociali, come la modesta densità di abitanti. Da oggi c’è un mese per candidarsi. Oltre ai comuni vogliosi di assicurarsi l’investimento con centinaia di tecnici e scienziati ad alta capacità di spesa, può candidarsi anche il ministero della Difesa con i suoi poligoni, molti dei quali concentrati in quella Sardegna così orgogliosamente riottosa da accollare alle altre regioni i rifiuti radioattivi che produce.

Nimby è la sigla di per “not in my backyard”, non nel mio cortile, e raccoglie i comitati del no che si oppongono a qualsiasi cambiamento, il più delle volte adducendo motivi ambientali. Compie ora i 20 anni il simbolo del nimbismo delle scorie: la protesta di Scanzano Jonico. Era l’autunno 2003. Nei borsellini l’euro aveva appena sostituito la lira, le proteste ritardavano i lavori per l’alta velocità in val Susa, la regina Elisabetta pareva lanciata verso l’immortalità, ministro dell’Ambiente era Altero Matteoli e il governo Berlusconi Due aveva affidato al generale Carlo Jean il compito di occupare sulla piana metapontina in comune di Scanzano la località Terzo Cavone. In profondità c’erano le condizioni geologiche ottimali per costruirvi un deposito geologico definitivo come quello realizzato in letizia dalla Finlandia nei graniti di Onkalo. Si fecero campagne di consenso, sondaggi d’opinione, meccanismi di persuasione sociale? Macché. Zero barra zero. Fecero più o meno come nel film “Amici miei” (Mario Monicelli, 1975) con la sensibilità di ingegneri con il teodolite e le livelle: “E qui abbattiamo tutto per fare il deposito delle scorie radioattive”. La Basilicata insorse. E nel novembre 2003 una marcia imponente di contestazione seppellì il progetto.

Quali rifiuti ci sono in Italia? Il deposito nazionale sarà temporaneo, a differenza del futuro deposito consortile definitivo che verrà condiviso fra più paesi europei. Si tratta di circa 16 tonnellate di rifiuti a bassa radioattività (teste di parafulmine, sensori antincendio, rilevatori e spessimetri dell’industria alimentare, radioterapie mediche e così via). Oggi sono immagazzinati in una ventina di depositi, come le quattro centrali atomiche chiuse con il primo referendum nucleare, l’impianto Enea e Sogin di Trisaia a Rotondella (Matera); il centro della Casaccia (Roma in direzione di Bracciano), il grande nuovo deposito europeo di Ispra (Varese), i reattori atomici delle università di Palermo, Pavia e Milano (sì, c’è un reattore nucleare del Politecnico nel quartiere Città Studi), il reattore militare di San Pietro a Grado a Pisa. E poi un elenco lunghissimo di depositi privati, come a Milano in via Mecenate, Forlì, San Giuliano Milanese, Tortona (Alessandria), i grandi depositi di Eurex e Avogadro di Saluggia (Vercelli). Ma questi, non generano pruriti al not in my backyard.

 

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