cinema
Sandra Milo era tutto tranne che una povera creatura
L'attrice, morta a Roma a 90 anni, era innamorata di tutto, sempre uguale e con la voce stridula. Il suo viaggio iniziatico nell’Italia cinematografara, istruttivo almeno quanto quello di Bella Baxter in "Poor things"
Sono tornato stordito dalla visione di “Povere creature”, anzi “Poor things” del regista greco di massimo successo Yorgos Lanthimos, due ore e mezzo nel bellissimo cinema Barberini di Roma tutto rimesso a nuovo, dove ho incontrato intellettuali e borghesie prostrate perché non si trovavano più biglietti (l’assalto era soprattutto alla versione sottotitolata, non voglio pensare cosa sia stato per quella in 35 mm). Ah, che bello, la gente torna in sala, diceva la gente in sala. La magia della sala! Nella magia della sala della domenica pomeriggio ho goduto della performance della fantastica Emma Stone, nel ruolo di Bella Baxter, moglie che nell’Inghilterra vittoriana viene sottratta al suicidio e a un marito tipo Vannacci, e invece salvata e riprogrammata da un chirurgo pazzo interpretato da Willem Dafoe. E rinasce alla vita con mente e linguaggio da bambina, scoprendo l’amore e il mondo, e naturalmente l’inutilità di maschi pomposi tra animali mostruosi e affettuosi mezzi maiale e mezzi gallina. Il sesso le pare il massimo, e “perché non fanno solo quello?”, chiede, degli uomini, che invece quando non lo fanno sono inutilmente complicati e noiosi.
La ricerca della verità e della libertà è tutt'uno, in una scenografia sontuosa tra FormaFantasma e Gonfalone Arredamenti, tra il sublime e il kitsch e una trama che poi pare un po’ la stessa di Barbie (ma con tappe defatiganti a Lisbona e Alessandria d’Egitto), e affascina lo spettatore (nella mistica della sala), però insomma due ore e mezzo al cinema non si è più abituati, non si può mettere in pausa né googlare perché il pubblico della lingua originale ti crocifiggerebbe (come si fa a vedere un film senza googlare?).
Mi trascino quindi a casa e punto dritto sulla televisione, canale 8. Sull’8 hai sempre quella sensazione di evasione, scavallando le colonne d’Ercole del 7 pensoso e moralizzatore. Sull’8 ci sono alcuni dei programmi più ipnotici in circolazione tra cui la fortunata e diabolica franchise 4 Ristoranti/4 Hotel. Mi butto dunque su una particolarmente significativa puntata di “4 Ristoranti”, nella versione estera, a Fuerteventura, che sembra scritta a quattro mani da Houellebecq e Labranca, “sono venuto in quest’isola per trovare i veri valori che si sono persi in Italia”, diceva un ristoratore, che piangeva mentre impiattava, per commozione o forse depressione (e poi stroncava subito un collega per una faccenda di gamberi autoctoni mentre serpeggiava palpabile una ferocia e un male di vivere mai visti tra questi sopravvissuti alle Canarie). Anche i ristoratori expat avevano cercato una loro strada all’estero, come Bella Baxter.
Poi, nel palinsesto escapista dell'8, ecco un programma che non avevo mai visto, “Quelle brave ragazze”, format, apprendo, prima di Sky e ora lì. Descrizione brutale di Wikipedia: “Tre VIP attempate (Mara Maionchi e Sandra Milo, affiancate da Marisa Laurito) si concedono una vacanza di cui non conoscono né destinazione né itinerario”. Sembra la versione italiana di “Grace and Frankie” con Jane Fonda e Lily Tomlin, ma qui sono tre le “attempate”, e partono in viaggio su un van rosa leopardato in Marocco, ancora l’esotico a portata di mano. A un certo punto bucano una ruota; Marisa Laurito che scopro parlare francese e inglese ferma un passante. Mara Maionchi si lamenta nel suo modo simpatico (“che palle, che schifo”), e poi c’è Sandrocchia, Sandrocchia innamorata di tutto, Sandrocchia sempre uguale, Sandrocchia con la voce stridula, Sandrocchia che a un certo punto in una specie di party si mette a ballare con dei ragazzi marocchini. Sandrocchia che danza con un tipo di 25 anni e fa capire che le piace, dice che “ha un filarino”, con questo; le altre due la criticano, la sfotticchiano, lei dice che ama i giovani, che non è mica scema, non pensa a farci sesso, ma le piace starci insieme, sì, coi giovani, col loro entusiasmo, e la telecamera di questi comizi d’amore inquadra questi ragazzi marocchini, che guardano in camera un po’ orgogliosi e un po’ imbarazzati. Poi ci sono delle prove da superare, c’è da farsi una foto con un cobra, Mara Maionchi si rifiuta, alla fine lo fa Sandrocchia. Mara Maionchi ha una maglia con scritto: “Arrivaci tu a 80 anni così”, e non avrei mai detto che Maionchi ha 80 anni.
Non so nulla di particolare su Sandra Milo, a parte le idées reçues d’ordinanza (Craxi-Fellini-Ciro Ciro) ma quando ho letto che era morta sono rimasto dispiaciuto e stupito, ma come, 90 anni, è impossibile. Io a cinquanta ancora da compiere affaticato da Lanthimos (in sala, e poi ritorno a piedi), lei a novanta su un van in Marocco con destinazione sconosciuta. Ma prima, nel dormiveglia, scanalando, godendomi la mistica della mia di sala, pensavo al suo viaggio iniziatico nell’Italia cinematografara, istruttivo almeno quanto quello di Bella Baxter. Lei svanita in un mondo di maschioni, e chissà che mostri in giro, lei (finalmente ho potuto googlare) che aveva avuto anche un marito greco, e ha raccontato che in quel matrimonio era talmente infelice che avrebbe voluto ammazzarsi, un po’ come Emma Stone-Bella Baxter (“Volevo morire. Per liberarmi dal dolore, dall’umiliazione ma anche dall’ingiustizia. Non ho mai capito perché qualcuno desideri distruggerti, farti scomparire, sbriciolarti. Non è giusto, ho ragione?”). Lei, Sandra Milo, voce e cervello da bambina, non ha avuto bisogno nemmeno del chirurgo pazzo, si è smontata e rimontata da sola: o forse era nata proprio così.