Contenziosi

Cosa sta succedendo tra la procura di Milano e l'urbanistica di Beppe Sala? 

Maurizio Crippa

Scaramucce tra il procuratore Viola e il sindaco del capoluogo lombardo. È la fine di un "patto" o la crisi di un modello? Nel frattempo, la città osserva

Come ai vecchi tempi delle guerre tra politica e procure. Anche se le tragedie, si sa, quando si ripetono lo fanno in modo diverso. La procura di Milano guidata da quasi due anni da Marcello Viola (“una nomina molto opportuna, che consentirà alla procura di ripartire e di ritrovare serenità”, dissero i suoi colleghi di corrente di Magistratura indipendente) ha chiuso le indagini per “plurime violazioni della legge statale in materia edilizia e urbanistica” in merito a una ristrutturazione (l’accusa è che invece sia una nuova costruzione) di due torri nella periferia di Crescenzago, rinviando a giudizio i costruttori ma anche alcuni funzionari del comune. D’altra parte il sindaco Beppe Sala, dopo aver mandato a parlamentare da Viola il suo assessore alla Rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi, ha dichiarato che il comune attiverà una sorta di scudo di protezione legale per i suoi dipendenti che finissero nell’occhio dei pm. In 140 del settore urbanistico, infatti, hanno chiesto il trasferimento per non rischiare guai. “Non avrei mai immaginato di arrivare a una situazione in cui 140 funzionari e dirigenti mi scrivono per chiedermi di cambiare lavoro. La serenità proprio no, non sono per niente sereno, sono preoccupatissimo”, ha detto Sala rimarcando che, se non si agisce con buonsenso, ci sono almeno “150 procedimenti che possono essere interessati dall’intervento della procura”. Come dire una città che rischia la paralisi. La faccenda sembra tecnica, da un lato il comune rivendica che i permessi per costruire sono sempre consentiti nel rispetto delle leggi e delle regole del Pgt milanese. Dall’altra la procura spiega invece di agire in base a denunce e segnalazioni di possibili reati, e dunque in base all’obbligatorietà dell’azione penale. Anche se, ribattono in comune, si tratterebbe al massimo di aspetti amministrativi e non penali. Era dai tempi bui di Mani pulite che Milano non rischiava il blocco per mano giudiziaria. Quale che siano gli sviluppi e le opposte ragioni, la tensione in città è palpabile

 

E a complicare il tutto, per la giunta di Sala, c’è poi la decisione degli immobiliaristi di Assimpredil Ance di ritirarsi dal tavolo tecnico che dovrebbe servire proprio a rivedere le regole per l’edificazione e preparare il nuovo Pgt. Il comune si trova così nella inedita situazione di essere accusato dalla magistratura di essere troppo corrivo con i costruttori, e di essere criticato dai costruttori per eccesso di lacci e lacciuoli. Nessuno la vuole buttare in politica, hanno detto sia Viola sia Sala, ma al Corriere della Sera l’ex vicesindaca di Pisapia e assessore all’Urbanistica, Ada Lucia De Cesaris, ha detto netta che “c’è il tentativo di introdurre un clima di caccia alle streghe che per una città come Milano è incomprensibile”. Come che sia, la guerra edilizia è il segnale di qualcosa di inedito che sta terremotando Milano e il suo sistema di poteri. Forse segnala la fine di un ciclo di crescita economica e urbanistica che ha ridisegnato in una ventina di anni la metropoli. Ma anche per la politica che ha goduto, negli anni di Pisapia e di Sala, in una sorta di pax ambrosiana cui pure la celebre e temibile procura di rito ambrosiano aveva aderito qualcosa sta cambiando.


 

Ai tempi di Expo tenne banco la questione presunta di un accordo triangolare col governo per lasciare in sospeso certe inchiestuzze (poi finite nel niente) molto pompate dai media che riguardavano Expo e minacciavano di minarne la realizzazione. Per alcuni leggenda metropolitana, per la sinistra manettara un reale complotto. Ma l’allora procuratore Bruti Liberati, esponente nobile di Md, spiegò apertis verbis che non ci fu nessun sotterfugio ma solo la saggezza di non inseguire inchieste destinate al niente. Un po’ è leggenda metropolitana anche l’idea che il roboante sviluppo milanese, tra grattacieli, trasformazioni e il grande risiko degli scali ferroviari, sia avvenuto con un tacito lasciapassare sui controlli. Tesi che non regge nemmeno in termini di date, ma è un dato che il “modello Milano” ha funzionato proprio con una politica pubblica che si è limitata a fare da garante di regole per l’iniziativa privata. Ora qualcosa è cambiato.  Prima di dire che è cambiato il vento in procura – dopo decenni di guide provenienti da Md è arrivato un esponente di Magistratura indipendente, in buoni rapporti con Nordio e soprattutto estraneo alle guerre interne che hanno trasformato Milano in un porto dei veleni – bisogna guardare un po’ la città. Dove l’aria è cambiata soprattutto perché la gran parte della trasformazione è compiuta, i valori immobiliari e i costi della vita sono schizzati alle stelle ed è la popolazione residente la prima a essere sempre più infastidita dalla nuova edificazione e a muovere accuse contro la “città depredata e predatoria”. Per cui in un clima di litigiosità che né la politica né i costruttori riescono più a gestire (si veda il caso Meazza) ogni cantiere è occasione per un comitato e una denuncia.

 

Che la magistratura si limita a registrare, non senza raccogliere applausi dai settori di sinistra e destra populisti. La procura spiega di agire in base a denunce: è capitato per la prima inchiesta che ha coinvolto il comune, un edificio in piazza Aspromonte (con richiesta addirittura di sequestro, ma rigettata dalla Cassazione) e poi in altri casi. Non è esattamente vero, ribattono dal comune: le regole sono rispettate, ma certe interpretazioni dei pm di fatto vanificano le norme che l’amministrazione ha legittimamente stabilito. Resta l’evidenza di una procura che, se mai l’ha avuta, non sembra oggi avere particolare riguardo nel mettere in difficoltà il lavoro di una amministrazione. Che il cambio in procura significhi qualcosa, almeno nella rottura di certi automatismi e consuetudini, è più che plausibile. Più difficile da decifrare, per ora, la politica di un governo (Via Arenula) che sta a guardare. Mentre anche la famosa destra “garantista” milanese tace: tanta è la voglia di vedere nei guai la giunta Sala. E tanta è però anche la voglia, nella sinistra dura e pura, di poter dichiarare fallito l’odiato modello “riformista” di Milano. Per il momento siamo agli incontri “cordiali e utili” tra procura e comune. Ma terremotare per via giudiziaria una città che ha funzionato è una strada rischiosa che non dovrebbe lasciare tranquilla nemmeno l’opposizione milanese, e che a Roma è al governo.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"