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bradisismo e timori

Fatalismo delle istituzioni e paura della gente ai Campi Flegrei. Cosa vuol dire vivere sopra un vulcano

Francesco Palmieri

Le scosse sismiche nella zona di Pozzuoli, d’intensità mai registrata in quarant’anni, ha ravvivato l'appressione. Un piano di evacuazione però non può contemplare l'irrazionalità 

Se al cuor non si comanda, figurarsi alle emozioni. Alla violenza delle ultime scosse sismiche nei Campi Flegrei, d’intensità mai registrata in quarant’anni, s’allega una notizia vecchia e nuova: l’abitudine non abolisce la paura. Chi vive su una terra ballerina s’adegua ai capricci di un saliscendi millenario, però quando la casa trema una, due, decine di volte in poche ore, quando l’intonaco si stacca e s’allarga una crepa, l’essere umano scappa perché l’istinto ancestrale prevale su qualsiasi dimestichezza culturale. E’ accaduto l’altra sera a Pozzuoli e nei rioni di Napoli più vicini alla solfatara, malgrado sismologi e vigili del fuoco tranquillizzino con misurazioni statistiche e verifiche degli stabili in virtù di un’attenzione che fa la differenza rispetto all’ultima crisi bradisismica del 1983-84. Non c’è, rassicurano gli esperti, alcun segno imminente di un’eruzione simile a quella che vomitò un monte in quarantott’ore nel 1538 (negli ovvi limiti della prevedibilità scientifica)

La paura però fa sempre novanta nella Smorfia e fa almeno una nottata in strada, nell’automobile o nelle tende che la Protezione civile s’è affrettata ad allestire. E’ andata così per migliaia di residenti presi fra i due estremi del panico e della scelta prudenziale.

C’è un piano d’evacuazione nell’ipotesi dell’eruzione, pronto almeno sulla carta e consultabile dal pubblico, ma è mancato un piano assai più piccino per la paura, che suggerisse dove sistemarsi al meglio in una notte emozionale. L’irrazionalità è l’incognita più certa ma la più sottovalutata dagli ingegneri (gli stessi prospetti di sgombero paiono tarati sul deflusso di algide truppe in perfette condizioni psicofisiche).

“Sto vivendo con grande apprensione anche se ricordo le scosse dell’83 e in questa crisi bradisismica ne ho avvertite tante, ma mai così forti e ravvicinate”, dice Claudio Correale, che l’altra sera si trovava nella sede della sua associazione Lux in Fabula, nel centro antico di Pozzuoli, dove ospita un grande archivio digitalizzato con la memoria storica dei terremoti flegrei. “Sono centinaia le verifiche di stabili chieste ai vigili del fuoco e la paura s’è diffusa come un contagio. Chi ha disabili, anziani o bambini è più preoccupato perché in caso di un’evacuazione veloce non saprebbe come fare. Bisogna predisporre una sistemazione adatta a loro, mentre l’altra notte il panico ha generato ingorghi perché tutti si precipitavano in macchina verso i luoghi più aperti ma senza un criterio. E’ la dimostrazione di un dato di fatto: la gente non attenderà un ordine di sgombero dal sindaco o dalla prefettura, non aspetterà lo stato per scappare nel caso di un sisma più violento”.

Conferma Rosario Scavetta, presidente della Pro Loco Puteoli: “Chi vive con bambini e anziani è stato assalito da un senso di paura non mitigato più dalla consapevolezza di vivere sulla bocca di un vulcano. Finché le scosse sono strumentali si sopportano anche a lungo, ma se sono come l’altra sera cambia tutto. Sono importanti i piani e le statistiche, ma dovremmo avere anche qualche riferimento spicciolo. Mia figlia mi ha chiesto: se ci evacuano dove andiamo? Le ho risposto che è previsto in Puglia, ma dove più precisamente non so”.

Il bradisismo ha reso imprevedibile anche il flusso turistico, che nei Campi Flegrei è più culturale rispetto a quello su Napoli: “Quando c’è uno sciame sismico”, spiega Scavetta, “i visitatori diminuiscono perché disdicono per paura e perché molte strutture tra musei, chiese e parchi archeologici vengono chiuse”. C’è accanto al sismografo culturale un curioso misuratore editoriale che si accompagna alle cronache. Più o meno in coincidenza con la recrudescenza del bradisismo,

Feltrinelli ristampò Fuoco su Napoli di Ruggero Cappuccio, romanzo del 2010 che immagina un’apocalittica eruzione nei Campi Flegrei. E a marzo scorso è uscito Il sole non bagna Napoli di Antonella Cilento, che scrive: “Mentre concludo questo libro la terra trema, come spesso accade, ci siamo abituati. Speriamo” aggiunge “che questo libro esca e che i Campi Flegrei e Napoli siano ancora lì, dove ora li contemplo attraverso il sole bollente di ottobre”. L’esorcismo laico della letteratura.

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