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Il caso

Il pasticciaccio del comune di Udine: nega il patrocinio alla partita Italia-Israele perché "divisiva"

Luca Roberto

Il match di Nations League si disputerà il 14 ottobre. Ma la giunta comunale ha rifiutato di accogliere la richiesta di patrocinio avanzata dalla Figc. Dagli uffici comunali dicono: "Ospitare la squadra di uno stato in guerra non soddisfaceva i requisiti per chiedere una deroga al regolamento"

Italia-Israele, partita di Nations League, si disputerà il prossimo 14 ottobre al Bluenergy stadium di Udine. Ma senza il patrocinio del comune friulano, che ha rigettato la richiesta avanzata dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio (Figc). Con la seguente motivazione: "Concedere il patrocinio sarebbe stato un atto formale troppo divisivo". Almeno questa è la versione ufficiale, fornita al Foglio dagli uffici comunali. In sostanza, la giunta guidata dal sindaco di centrosinistra Alberto Felice De Toni ha discusso al proprio interno la richiesta recapitata dal presidente Gabriele Gravina. Ma ha voluto evitare di dare il via libera perché "se invece l'avessimo accolta, saremmo stati accusati dall'altro lato di averla accolta. Abbiamo preferito restarne fuori, come sempre abbiamo fatto dall'inizio delle tensioni internazionali. Evitando, per esempio, di esporre bandiere dei diversi paesi coinvolti in conflitto", come hanno spiegato a questo giornale sempre dagli uffici comunali. In sostanza: se ne sono lavati le mani.

La consapevolezza del diniego, a ogni modo, si è esplicitata anche nell'interpretazione del regolamento comunale. In prima battuta, quando la polemica ha iniziato a montare, con il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani (originario di Pordenone) che ha parlato di "grave errore", il Comune si era difeso dicendo che non c'erano i presupposti per applicare una deroga al regolamento comunale in materia di patrocinio. In realtà, come ha reso noto lo stesso comune di Udine, le deroghe ci sono: all'articolo 2 del regolamento sono previste nei casi di eventi senza scopo di lucro. All'articolo 3, invece, anche per eventi con finalità di lucro, com'è il caso della partita Italia-Israele. Ma solo nel caso di eventi che portano "particolare prestigio alla città". E qui l'interpretazione del sindaco e dei suoi è stata tranchant: non è un evento prestigioso per Udine accogliere la squadra di un paese in guerra. 

Di "scelta divisiva" hanno parlato le opposizioni in Consiglio comunale, accusando il sindaco di non aver voluto dare lustro alla città ospitando un evento, come una partita della nazionale, che richiama un numero non indifferente di turisti e di tifosi degli Azzurri. "Trovo assurda e priva di logica la scelta del sindaco di Udine, Felice De Toni, e della sua giunta di negare il patrocinio per la partita di calcio Italia-Israele. La politica non deve contaminare le decisioni relative a iniziative sportive, lo sport unisce non divide. Questa partita sarà un'ottima occasione per lanciare un messaggio di pace affinché possano essere superate divisioni e contrasti", è stato il commento del deputato friulano di Fratelli d'Italia, Walter Rizzetto. Per adesso dalla comunità ebraica (non c'è una sezione di Udine) hanno preferito non commentare l'accaduto.

Nel caso delle partite della Nazionale di calcio, il patrocinio è una richiesta che dalle diverse amministrazioni viene accolta in maniera pressoché automatica, visto quanto ripaga in termini di pubblicità, anche solo per il fatto di andare in onda in prime-time su Rai 1. Considerazioni che non sono state ritenute sufficienti da un'amministrazione di centrosinistra che pur avendo gli strumenti per dare l'ok, ha preferito rifugiarsi nell'equidistanza. E piuttosto che fare i conti con la concessione del patrocinio comunale, ha preferito affrontare le critiche per non averlo fatto.

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  • Luca Roberto
  • Pugliese, ha iniziato facendo vari stage in radio (prima a Controradio Firenze, poi a Radio Rai). Dopo aver studiato alla scuola di giornalismo della Luiss è arrivato al Foglio nel 2019. Si occupa di politica. Scrive anche di tennis, quando capita.