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la bufala

No, non è vero che “lo stato di diritto in Italia è a rischio”. Le balle di Repubblica

Ermes Antonucci

La Commissione europea ha pubblicato il suo rapporto annuale sullo stato di diritto, ma nel documento non si spinge mai a dare giudizi sulle riforme del governo italiano (dal premierato alla giustizia), come sostenuto da Rep., che cade pure in traduzioni maccheroniche da ridere

“Riforme e media, bocciatura Ue: ‘Stato di diritto a rischio in Italia’”. C’era da restare paralizzati dallo spavento a leggere l’articolo con cui oggi Repubblica ha anticipato i contenuti del rapporto annuale sullo stato di diritto della Commissione europea. Peccato che poi in mattinata il rapporto sia stato pubblicato e tutti hanno potuto leggerlo e scoprire un piccolo particolare: nel documento non si afferma da nessuna parte che lo stato di diritto in Italia è “a rischio”. Non solo. In tutto il rapporto la Commissione Ue non si spinge mai a dare giudizi sulle riforme del governo (dal premierato alla giustizia), ma si limita semplicemente a riportare, per ciascuna proposta di riforma, qual è l’obiettivo del governo e quali sono le critiche mosse dai “portatori di interessi” (dall’Associazione nazionale magistrati alla Federazione nazionale stampa italiana, da Emergency a Libera). Insomma, il rapporto non fa che fotografare la situazione, dando spazio a tutte le voci. Riportare soltanto quelle critiche, spacciandole pure per posizioni della Commissione Ue, è pura opera di disinformazione. L’articolo di Rep. completa l’opera con traduzioni maccheroniche dall’inglese degne di uno studente delle scuole medie. 

 

“La riforma costituzionale a favore del premierato desta ‘preoccupazioni’ e ‘dubbi’”, scrive Repubblica, definendo il rapporto della Commissione europea “impietoso” nei confronti del governo Meloni. Sul premierato, però, il documento si limita a dare conto dei principali contenuti della proposta di riforma, riferendo, da un lato, l’intento della maggioranza (l’obiettivo è “garantire una maggior stabilità di governo”), dall’altro i dubbi di alcuni soggetti intervistati: “Alcuni portatori di interessi hanno espresso preoccupazioni in merito alle proposte modifiche dell’attuale sistema di bilanciamento dei poteri istituzionali, oltre a nutrire dubbi sul fatto che riescano ad apportare maggior stabilità”. La fonte di queste perplessità è indicata nelle note: l’Associazione italiana dei costituzionalisti. Ma su queste preoccupazioni la Commissione europea non prende alcuna posizione.

 

La stessa cosa avviene sulla giustizia, attorno alla riforma della separazione delle carriere fra pm e giudici. Vengono riassunti i contenuti della proposta e gli intenti del governo. Poi il rapporto riporta le critiche dell’Associazione nazionale magistrati, ad esempio sull’Alta corte di giustizia: “Secondo l’Associazione nazionale magistrati la riforma potrebbe compromettere l’indipendenza della magistratura”. La posizione è dell’Anm, ma su Repubblica è la Commissione a ritenere che “la riforma Nordio della giustizia può mettere in pericolo l’indipendenza dei magistrati”.

 

Sempre in tema giustizia, si citano alcune proposte che prevedono il divieto di pubblicare alcuni atti giudiziari (come le ordinanze di custodia cautelare). Il rapporto procede col solito schema. Prima la posizione del governo, che mira a rafforzare il diritto alla privacy e la presunzione d’innocenza. Poi vengono riportate le “preoccupazioni” sui rischi per l’informazione di alcuni portatori di interessi, come la Fnsi, l’osservatorio “Ossigeno per l’informazione” e pure l’“Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa”. Insomma, nessun allarme della Commissione Ue. Ma qui l’articolo di Repubblica raggiunge l’apice: “Le preoccupazioni maggiori – osserva la Commissione europea – riguardano un possibile effetto agghiacciante sui giornalisti che sono maggiormente esposti alle querele per diffamazione”, scrive Claudio Tito.

 

Effetto agghiacciante? Il mistero è presto svelato: l’autore dell’articolo ha ricevuto in anteprima il rapporto in inglese e, leggendo l’espressione “chilling effect”, ha pensato bene di darne la prima traduzione offerta da Google: agghiacciante. Peccato che in inglese “chilling effect” significhi “effetto dissuasivo”, come poi riportato nel rapporto in versione italiana (per di più, ovviamente le preoccupazioni non sono della Commissione europea, ma della Fnsi e di altre associazioni). Una figuraccia degna di uno studente delle medie. Lo stesso copione si ripete attorno alle vicende della Rai e del sistema televisivo. 

 

Più che lo stato di diritto, a serio rischio è la credibilità di certi organi di informazione. 
 

  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto "I dannati della gogna" (Liberilibri, 2021) e "La repubblica giudiziaria" (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]